Il futuro dell’economia è in nero?

Nel 2020 l'economia mondiale sarà per due terzi sommersa, ma forse non è poi così grave

(AP Photo/Achmad Ibrahim)

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È il mercato nero, e non la Cina, l’economia che oggi cresce di più nel mondo. Secondo Foreign Policy, oggi il fatturato mondiale del Système D, come gli africani francofoni hanno chiamato l’economia sommersa nell’era postcoloniale (“d” sta per il francese débrouillard, e cioè “sveglio”, “dritto”), ammonterebbe a circa 10mila miliardi di dollari all’anno. Una cifra enorme, se si pensa che il prodotto interno lordo della prima economia del mondo, ossia gli Stati Uniti, è di poco superiore ai 14mila miliardi di dollari.

Sempre più diffuso nei paesi in via di sviluppo, il mercato nero attecchisce oramai anche in quelli più ricchi. Secondo uno studio del professor Friedrich Schneider dell’Università di Linz, in Austria, nel 2011 il fatturato del mercato nero dell’Unione Europea crescerà ancora, raggiungendo quota 1.900 miliardi di euro. Una economia sommersa che ha i suoi vantaggi. Come ha già dimostrato uno studio di Deutsche Bank nel 2009, i paesi europei con le percentuali più alte di lavoro nero come Grecia, Italia e Portogallo hanno reagito meglio agli effetti della crisi economica del 2008-2009 rispetto ai paesi con il mercato del lavoro decisamente regolamentato. In Sudamerica nello stesso periodo, il lavoro in nero è cresciuto perché rimanendo nei canali occupazionali tradizionali non si riusciva ad arrivare alla fine del mese.

Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel 2009 circa 1,8 miliardi di persone hanno lavorato in nero, ossia la metà della forza lavoro mondiale. Questi dati sono tuttavia destinati a crescere vertiginosamente: le stime dell’OCSE dicono che nel 2020 addirittura due terzi della forza lavoro mondiale avrà abbandonato il mercato ufficiale per il Sistema D, un’economia spontanea, parallela e multinazionale, con le sue regole non scritte, che sfugge a ogni controllo statale o istituzionale e che soprattutto non paga le tasse.

Questa situazione, secondo Foreign Policy, è figlia dei tempi. La forza lavoro mondiale ormai non ha più le garanzie e i diritti che fino a poco tempo fa le hanno garantito le istituzioni: “Persino in Giappone, dove le multinazionali hanno sempre garantito contratti a tempo indeterminato, ci si è resi conto che questo sistema non è più sostenibile in un mondo sempre più imprenditoriale”, si legge nell’articolo. “Le leggi del lavoro del 20esimo secolo sono in via di estinzione”. Di conseguenza, molti preferiscono affidarsi a un mercato più libero e flessibile, dove la burocrazia non esiste e dove, proprio per l’immediatezza e la facilità degli affari, l’attitudine imprenditoriale viene maggiormente gratificata.

Difatti, il mercato nero, con tutti i difetti che ha e gli scompensi che provoca alle istituzioni e alla società, ha anche i suoi lati positivi: in molte città africane come la nigeriana Lagos, il benessere è arrivato principalmente grazie al Sistema D, in quanto gli imprenditori non avrebbero mai investito nella stessa misura rispettando regole per loro sconvenienti. Paesi con una grande percentuale di lavoro nero come Cina e Paraguay hanno alti tassi di crescita anche grazie all’equilibrio trovato tra sistema ufficiale e quello illegale. Ed è il sistema D che permette anche agli africani poveri di acquistare telefonini e altri prodotti tecnologici a prezzi accessibili. Secondo Foreign Policy, il sistema D potrebbe dunque essere il futuro dell’economia globale, un futuro più aperto a tutti.