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  • Martedì 25 ottobre 2011

La battaglia contro la cacca dei cani

A Washington è arrivata in tribunale, e nelle zone residenziali si stanno prendendo provvedimenti severi e tecnologici

A dog and his owner parade during the Pet fair in Barcelona on October 1, 2011. AFP PHOTO/ JOSEP LAGO (Photo credit should read JOSEP LAGO/AFP/Getty Images)

A dog and his owner parade during the Pet fair in Barcelona on October 1, 2011. AFP PHOTO/ JOSEP LAGO (Photo credit should read JOSEP LAGO/AFP/Getty Images)

È stata Baxter a fare la cacca per strada lungo Greenwood Court, a Fairfax, in Virginia? Il caso è oggetto di un procedimento legale che oggi arriva in tribunale. La difesa è costata all’imputato 1.200 dollari, durante l’udienza saranno mostrate delle prove fotografiche e sarà sentito un testimone oculare. Con ogni probabilità Baxter resterà a casa e non parteciperà all’udienza. Baxter è un cane.

Quanto sopra è un esempio di quello a cui può portare la frustrazione per la rinomata scarsa attenzione che molti proprietari di cani e dog-sitter riservano ai lasciti dei loro animali: negli Stati Uniti chi ne subisce le conseguenze si sta attrezzando per punire i responsabili, adottando metodi sempre più avanzati. Se, infatti, sembra paradossale arrivare a chiamare la polizia e avviare il conseguente processo per una cacca sul marciapiede, gli abitanti dei sobborghi residenziali che circondano Washington sono arrivati ad adottare misure che possano collegare, tramite un test del DNA, l’animale (e quindi il suo proprietario) all’escremento senza possibilità di errore.

Il risultato del processo sul caso di Fairfax, purtroppo, potrà basarsi su prove molto meno sofisticate, come racconta il Washington Post.

La storia di Fairfax inizia in una fredda, buia mattina di aprile. Kimberly Zakrzewski, 46 anni, stava facendo due passi con Baxter, il cane di un’amica di cui spesso si prende cura.
Virgina Cornell, una vicina, dichiarò di aver visto Zakrzewski allontanarsi dopo che Baxter aveva sporcato il marciapiede del condominio Penderbrook, vicino alla Route 50. Chiamò la polizia, appellandosi alla legislazione di Fairfax relativa agli escrementi dei cani. […]

«Stava lasciando di proposito che il cane facesse i suoi bisogni perché sapeva che ci avrebbe infastidite, – racconta Cornell, riferendosi a sé stessa e a sua sorella, che vive con lei. – Questa donna non ha alcun rispetto o riguardo per nessuno e si considera al di sopra della legge.» […]

L’avvocato di Zakrzewski ha dichiarato che chiamerà la proprietaria di Baxter per testimoniare che la cacca di cane nella foto non può essere sua, essendo della dimensione e della consistenza sbagliate. La testimonianza sarà confermata dal proprietario di un altro cane e dal marito di Zakrzewski, che era insieme a lei quella mattina.

Altre cittadine e complessi residenziali hanno scelto di evitare situazioni simili, in cui basta una testimonianza a dare torto o ragione a persone e cani coinvolti, e di servirsi di un servizio che si chiama PooPrints. Il servizio prevede che ogni cane appartenente ai residenti del condominio venga registrato in un apposito database insieme a un campione di DNA: quando qualcuno trova della cacca all’interno dell’area residenziale, ne viene raccolto un campione che sarà poi confrontato con il DNA dei cani registrati sul database. I costi dell’operazione, circa 60 dollari per ogni campione analizzato, vengono poi addebitati al proprietario del cane “colpevole” insieme alla multa per l’infrazione.

Il servizio PooPrint è offerto dalla società BioPet Vet Lab, che spera di espandersi presto in altre aree degli Stati Uniti. Jim Simpson, presidente della società, sostiene che il sistema funzioni non tanto per l’analisi in sé, ma perché dopo un paio di campioni analizzati con successo l’esistenza stessa della possibilità funge da deterrente per i residenti meno civili. Un’area che aveva adottato il sistema, però, vi ha appena rinunciato dichiarando che si tratta di un metodo ai limiti del ridicolo.

foto: JOSEP LAGO/AFP/Getty Images