Dieci anni dal disastro di Linate

La storia e le foto del più grave incidente aereo della storia italiana, causato da errori umani, carenze nelle procedure di controllo e infrastrutture fuori norma

L’8 ottobre del 2001, alle 8.20 del mattino, si scontrarono due aerei sulla pista dell’aeroporto di Linate. Morirono centodiciotto persone. Fu il più grave incidente aereo nella storia d’Italia e il secondo nel mondo per numero di vittime (primo, quello di Tenerife del 1977) tra gli incidenti di questo tipo.

L’8 ottobre del 2001 due aerei in partenza dall’aeroporto di Linate furono autorizzati al decollo negli stessi minuti: le restrizioni al movimento degli aerei – traffico, nebbia – di quella mattina ridussero lo spazio tra le due partenze da 10 a 3 minuti. A causa della nebbia, la visibilità era inferiore ai 200 metri. Il Cessna Citation CJ2, aereo privato diretto a Parigi con a bordo quattro persone, si trovò lungo la traiettoria di un Boeing Md-87 della compagnia Scandinavian Airlines System. Il Cessna non era certificato per volare con una visibilità inferiore ai 550 metri, ma aveva ugualmente ricevuto dalla torre di controllo il permesso di partire dal raccordo R5. I piloti imboccarono però il raccordo R6. Da cui l’Md-87 era in fase di decollo e ad una velocità di 270 km/h. Nello scontro, il velivolo più piccolo si spezzò in tre parti, mentre il Boeing non poté sollevarsi da terra per più di dodici metri. Perse un motore e la parte destra del carrello principale: il pilota non riuscì a mantenere il controllo. L’Md-87 strisciò lungo tutta la pista e si schiantò contro l’edificio di smistamento dei bagagli.

Nell’impatto morirono tutti i centodieci occupanti dell’aereo. A causa dello scontro, nel deposito bagagli scoppiò un incendio che uccise quattro operatori al lavoro e ne ferì altri quattro. Un quinto addetto ai bagagli si salvò: fu l’unico sopravvissuto al disastro.

L’incidente venne esaminato dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (Ansv). Nel rapporto finale (che potete leggere qui), pubblicato nel 2004, la presenza non autorizzata del Cessna su quella pista venne indicata come “causa effettiva” dell’incidente. Tra gli elementi che concorsero al verificarsi dell’incidente furono segnalate anche le oggettive e gravi carenze delle infrastrutture dell’aeroporto e delle procedure utilizzate. La segnaletica sulle piste dell’aeroporto di Linate era inadeguata e in alcuni casi fuori norma. Al bivio tra il raccordo R6 e R5 le scritte dipinte sull’asfalto utilizzavano un carattere non previsto dal regolamento. Inoltre, superato il bivio e per tutta la lunghezza del raccordo R6, non veniva ripetuta nessuna indicazione che potesse confermare al pilota la propria posizione. L’aeroporto di Linate dal 29 novembre 1999 non era dotato di un sistema radar di terra, strumento essenziale per i controllori di volo in caso di scarsa visibilità. Un sistema più moderno era già stato acquistato, ma il giorno dell’incidente (e a quasi due anni di distanza) non era ancora attivo perché in attesa dei permessi di installazione.

Fu questa la principale ragione del fraintendimento tra gli operatori della torre di controllo e i piloti del Cessna. In mancanza di un radar di terra, il controllo dalla torre doveva basarsi sulle comunicazioni di posizione effettuate direttamente dai piloti. Il Cessna riportò l’attraversamento di un punto (S4) non segnalato sulle mappe aeroportuali ufficiali né conosciuto dagli operatori: si trattava di una vecchia e scorretta segnaletica orizzontale. La comunicazione giunse nella cuffia del controllore di volo molto attenuata. Non fu quindi rilevata alcuna anomalia e i piloti del Cessna proseguirono, nella certezza di trovarsi lungo il raccordo R5. La procedura corretta della torre di controllo, in quelle condizioni di visibilità, avrebbe dovuto prevedere la sospensione di tutte le operazioni per una verifica.

I vigili del fuoco ci misero otto minuti ad arrivare prima che venisse loro comunicata l’esatta posizione dell’Md-87 e 26 minuti per trovare i resti del Cessna. Gli standard internazionali sugli incidenti aerei dell’Icao (Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile) raccomandano l’arrivo dei soccorsi entro 3 minuti dall’evento, in condizioni di visibilità ottimale. Il ritardo dei soccorsi non sembrò comunque influire sul bilancio delle vittime.

Il processo ai responsabili della strage iniziò il 20 novembre 2002. Si concluse il 20 febbraio 2008 con la condanna definitiva di cinque persone per disastro aviatorio e omicidio plurimo colposo: sei anni e mezzo a Sandro Gualano, ex amministratore delegato dell’Enav (l’Ente nazionale di assistenza al volo, responsabile in Italia dei servizi di controllo al traffico aereo), tre anni al controllore di volo Paolo Zacchetti, quattro anni e quattro mesi a Fabio Marzocca, ex direttore generale dell’Enav, e tre anni ai manager Sea (la società che continua a gestire l’aeroporto di Linate) Antonio Cavan (responsabile di sviluppo e manutenzione) e Giovanni Lorenzo Grecchi (responsabile della gestione delle risorse aeroportuali). L’indulto approvato dal parlamento il 29 luglio 2006 ha ridotto di tre anni tutte le pene detentive.

Ieri, nella seduta straordinaria di Palazzo Marino dedicata alla strage, di fronte ai parenti delle vittime riuniti nella Fondazione 8 ottobre, ai consiglieri comunali e al sindaco Giuliano Pisapia, il presidente della Sea Giuseppe Bonomi ha chiesto scusa «ai familiari delle vittime, a Milano e a tutti coloro che hanno avuto la loro vita segnata da quell’evento». Sabato sera, in onore delle vittime, si terrà un concerto dell’orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala.

Dopo l’incidente di Linate sono stati varati negli aeroporti italiani nuovi regolamenti, infrastrutture e procedure per aumentare la sicurezza in caso di nebbia. Il 30 giugno 2003, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile ha prodotto un regolamento (poi recepito dall’Enav) che costituisce in Italia il codice di riferimento per piloti e controllori del traffico aereo in caso di scarsa visibilità.