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  • Lunedì 12 settembre 2011

Il guaio del Guardian sull’11 settembre

Il giornale britannico ha aperto un account su Twitter per raccontare i fatti di 10 anni fa ed è stato costretto a chiuderlo due ore dopo tra le proteste

Giornali e riviste di tutto il mondo hanno lanciato decine di iniziative editoriali e simboliche in occasione del decimo anniversario degli attentati che colpirono gli Stati Uniti l’11 settembre 2001. Una di queste, realizzata dal Guardian, non ha funzionato.

Nel corso della giornata di ieri il Guardian ha aperto un account su Twitter, @911tenyearsago, il cui scopo era descritto dalla presentazione del profilo: “Gli eventi dell’11 settembre, twittati così come accaddero nel 2001”. L’account ha diffuso il suo primo tweet alle 13.35 ora italiana.

Il Guardian voleva in pratica raccontare i fatti fondamentali dell’11 settembre 2001 con lo stile, il mezzo e il registro con cui oggi si fanno circolare le breaking news sui social network (che nel 2001 non esistevano). Frasi brevi e coincise, uso del tempo presente. A quel tweet ne sono seguiti altri.

«Penso che ci abbiano dirottati». Betty Ong ha detto ad American Airlines che due suoi colleghi assistenti dovolo sono stati accoltellati.

Il volo 175 è stato dirottato.

L’assistente di volo Madeline Sweeney sul volo 11 chiama un ufficio dell’American Airlines: «Vedo il mare. Vedo i palazzi. Vedo i palazzi»

Il volo 11 si è schiantato sulla torre nord del World Trade Center, tra i piani 93 e 99.

La reazione degli utenti non è stata affatto positiva. Fin dai primi tweet l’account aperto dal Guardian ha ricevuto diverse risposte offese, ferite e infastidite.

Volete vedere un perfetto esempio di cattiva idea? Guardate l’account che ha aperto il Guardian.

Non riesco a capire a che serva questo account.

Mi dispiace, Guardian, ma @911tenyearsago non mi sembra bello. Ricordare è diverso da rivivere.

Insieme a questi, molti altri utenti hanno definito l’idea “insensibile”, “macabra”, “nauseante”, “grottesca”, “insensata”, “perversa”. A un certo punto un utente, uno dei tanti, ha twittato: “quand’è che fermerete questo vomitevole baraccone? Abbiate rispetto”. Alle 15.05, dopo meno di due ore e mezza e ben prima che il racconto dell’11 settembre 2001 si fosse concluso, il Guardian ha deciso di chiudere l’account.

Esperimento fallito, e non era così scontato. Altri account hanno diffuso su Twitter informazioni simili – quello dell’Associated Press, per esempio – ma lo hanno fatto con un altro tono, con messaggi tipo: “Dieci anni fa a quest’ora crollava la torre nord del WTC” e non “È crollata la torre nord del WTC”. Giornali e tv di tutto il mondo hanno mostrato immagini certamente più drammatiche e inquietanti del racconto del Guardian. Ciononostante, al contrario di centinaia di altre iniziative di ricordo, questa del Guardian è stata giudicata inopportuna, inutile e di cattivo gusto. Il giornalista Iain Hepburn ha tentato di spiegare perché sul suo blog, ma la questione rimane aperta.

Twittare gli eventi come se fossero fatti appena accaduti elimina completamente il contesto e l’emozione del ricordo. Sono semplicemente delle frasi da 140 caratteri, senza la necessità di raccontare qualcosa che sta accadendo in questo momento e senza una distanza tale da adottare una prospettiva storica. Se avessero contestualizzato gli eventi raccontati su Twitter, per esempio linkando alle storie dei sopravvissuti, forse la cosa avrebbe avuto qualche giustificazione. Ma il Guardian non l’ha fatto. L’aspra e asciutta riproposizione di fatti già noti non ha umanizzato l’evento, ma è andato nella direzione opposta. Quei 16 tweet non hanno aggiunto nulla al lavoro del Guardian nel raccontare l’anniversario. Era solo una ripetizione di eventi, un tentativo di fare un liveblog di qualcosa che non è live.