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  • Mercoledì 24 agosto 2011

Arrestato il sospetto organizzatore dell’omicidio Politkovskaya

È un ex agente della polizia e avrebbe ricevuto del denaro per organizzare l'assassinio, ancora nulla sull'identità del mandante

Le autorità russe hanno arrestato un ex agente di polizia sospettato di aver organizzato l’omicidio di Anna Politkovskaya, la giornalista russa uccisa nel 2006. Anche se non è ancora noto il mandante dell’omicidio, il colonnello Dmitry Pavlyuchenkov è sospettato di aver ricevuto del denaro per aver organizzato l’esecuzione della reporter e per aver procurato ai killer l’arma del delitto. Il primo giornale a dare la notizia dell’arresto è stato proprio il Novaya Gazeta, il bisettimanale indipendente russo per cui lavorava la giornalista.

Anna Politkovskaya venne trovata morta nell’ascensore della sua casa a Mosca il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno dell’allora presidente russo Vladimir Putin. La polizia ritrovò accanto al suo cadavere quattro bossoli e una pistola Makarov PM. Uno dei proiettili colpì la giornalista alla testa. Due fratelli di origine cecena, Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e l’ex ufficiale di polizia Sergei Khadzhikurbanov furono sospettati di aver partecipato all’omicidio, ma vennero assolti nel febbraio del 2009 per mancanza di prove.

Nell’ottobre del 2010 la corte suprema russa, grazie anche alle pressioni del Comitato Internazionale per la difesa dei giornalisti, che oltre al caso Politkovskaya si sta battendo da anni perché emergano tutte le verità sui diciannove giornalisti uccisi in Russia dal 2000 a oggi, ha annullato la sentenza di assoluzione e ha riaperto il caso. Nel giugno scorso è stato arrestato Rustam, il terzo fratello Makhmudov, accusato di essere l’esecutore materiale del crimine.

L’omicidio della giornalista richiamò l’opinione pubblica internazionale sulla libertà di stampa in Russia, dove la maggior parte dei media è sotto il controllo dello Stato e le voci critiche sono costrette a tacere. Anna Politkovskaya era una giornalista della Novaya Gazeta dal 1999 e una delle voci più autorevoli dell’opposizione a Putin e alla politica del Cremlino. Era conosciuta soprattutto per i suoi reportage dalla Cecenia, in cui aveva ripetutamente accusato l’esercito russo delle peggiori violazioni di diritti umani.  Per aver denunciato gli abusi dei militari russi sui civili ceceni, anche nel suo libro «Cecenia, il disonore russo», era stata più volte minacciata di morte.

Il giorno in cui fu uccisa l’editore della Novaja Gazeta, Dmitry Muratov, affermò che la Politkovskaya stava per pubblicare un nuovo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov, fedele al Cremlino. L’articolo fu pubblicato dai suoi colleghi due giorni dopo il suo omicidio. Vladimir Putin dichiarò che la morte della giornalista era «un crimine inaccettabile che non poteva restare impuntio», ma descrisse anche «insignificante» la capacità della Politkovskaya di influire sulla politica russa.