La polizia norvegese ha risposto ieri alle critiche dei mass media nazionali per il ritardo con cui è intervenuta sull’isola di Utøya il 22 luglio scorso. All’indomani degli attentati, infatti, in molti si erano chiesti le ragioni della mancata tempestività dell’intervento. Ancora martedì scorso la televisione pubblica norvegese NRK ha criticato la scelta della squadra di soccorso arrivata da Oslo di partire con le imbarcazioni non dalla spiaggia più vicina all’isola, che dista circa 670 metri, ma da un punto situato a quasi 4 chilometri di distanza dal campo estivo dei giovani laburisti. Prima di essere arrestato, Anders Breivik ha ucciso 69 persone sparando sull’isola e altre 8 con l’esplosione di un camioncino pieno d’esplosivo di fronte alla sede del governo norvegese nel centro di Oslo.
“L’attentatore ha ucciso in media una persona ogni minuto. Se la polizia fosse riuscita a intervenire mezz’ora prima, forse si sarebbero potute salvare una trentina di vite”, ha detto alla BBC dopo l’attentato l’ex ministro della giustizia Anne Holt. Johan Fredriksen, responsabile della polizia di Oslo, aveva dichiarato martedì scorso che la scelta del punto di partenza delle imbarcazioni di salvataggio era “poco appropriata”, precisando in un secondo momento che la decisione era stata presa dalla polizia locale “per ragioni tattiche”.
La polizia locale di Nordre Buskerud, messa alla strette dalla pressione dei media ha deciso di difendere la strategia in un comunicato. “La baia più vicina all’isola di Utøya non ha un posto adatto a calare in acqua le imbarcazioni e nessuno di noi sapeva se era possibile far partire una canoa da lì. Per ragioni tattiche, abbiamo dovuto agire sulla base delle informazioni di cui eravamo in possesso”. La polizia ha poi sottolineato che le notizie che venivano dall’isola erano confuse e contraddittorie. Non si sapeva nè se i tiratori erano più di uno nè se sull’isola ci fosse anche dell’esplosivo.