Le 9 canzoni più belle di Elio e le Storie Tese

Una playlist celebrativa di Stefano Belisari, cioè Elio, che ha compiuto cinquant'anni ieri

©Gian Mattia D'Alberto/ LaPresse
01 03 2008 Sanremo ( Italia )
Spettacolo
58° Festival della canzone Italiana serata finale
Nella foto: Elio e le storie tese
©Gian Mattia D'Alberto/ LaPresse 01 03 2008 Sanremo ( Italia ) Spettacolo 58° Festival della canzone Italiana serata finale Nella foto: Elio e le storie tese

Stefano Belisari, in arte Elio, ha compiuto ieri cinquant’anni, essendo nato a Milano il 30 luglio del 1961. Il Post si unisce agli auguri riproducendo la selezione personale delle più belle canzoni degli Elio e le Storie Tese compiuta da Luca Sofri (il peraltro direttore del Post) in Playlist, nel 2008.

Ormai li diamo per scontati, ma non fossero comparsi nella cultura pop nazionale sarebbe rimasto un gran vuoto, che nessun altro in giro avrebbe saputo colmare. Appurata quindi la fortuna che ci sia qualcuno che faccia le cose geniali, spiritose e irriverenti che fanno solo loro, ormai Elio e le storie tese sono un’istituzione patria. Gli manca solo di scrivere la popsong perfetta, seriamente, da musicisti sentimentali quali sono: e ce la possono fare.

Cara ti amo (Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, 1989)
“Eravamo fidanzati… poooooi, tu mi hai lasciato, senza addurre motivazioni plausibili”. Un attacco che rimase nella formazione culturale di tutti quelli che c’erano, un trattato di sociologia sentimentale femminile pieno di luoghi comuni maschilisti, eppure drammaticamente vero. Elenco di mille esempi delle contraddizioni tra il dire e il fare delle fidanzate, ornato di numeri circensi vari. Fu registrata durante un concerto milanese del 1989.

Nubi di ieri sul nostro domani odierno (Abitudinario) (Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, 1989)
Sulle piccolezze umane che ognuno nasconde e condivide, dalle dita nel naso al fare certe bolle nella vasca da bagno: “non mi giudicate, siete come me”. Con una celebre invenzione nel refrain: “e adesso un lieto ritornello che non c’entra un cazzo ma che piace ai giovani: ditemi perché se la mucca fa mu il merlo non fa me”. Per non parlare del dirigibile marrone.

Born to be Abramo (The Los Sry Lanka Parakramabahu Brothers, 1990)
Il primo grande pezzo dance di Elio e le storie tese, sul tema di “Born to be alive” di Patrick Hernandez (che compare nel pezzo), di “You make me feel” di Sylvester, di “Resta cu’ mme”, più ulteriori citazioni.

Uomini col borsello (Italian, Rum Casusu Cikty, 1992)
Storia d’amore e di emarginazione, che celebra un oggetto di culto e ribrezzo divenuto il simbolo di un’epoca: il borsello maschile. Canta e suona un colorito circo di ospiti: i Chieftains (la storica band di musica irlandese tradizionale), Riccardo Fogli e Skardy dei Pitura Freska.

Pipppero! (1992)
Quella volta volevano scherzare sui “balli dell’estate” e sui tormentoni inventati a tavolino (il modello primordiale è il giocajouer di Cecchetto), inventando il “Pipppero”, ballo bulgaro importato con l’ausilio del coro dei Mystère des voix bulgares. Il risultato fu che il Pipppero fece davvero il botto, lanciato dall’immortale slogan “senti come pompa, il Pipppero”. Ci sono mille citazioni di musica pop, da “Ramaya” ai Beach Boys, a Umberto Balsamo, a “Kung fu fighting”.

Cavo (Esco dal mio corpo e ho molta paura, 1993)
Ballata d’amore per tecnici del suono, sulla musica di “Anima mia”, in cui il refrain spodesta la destinataria in favore del cavo della chitarra elettrica che rischia di staccarsi. Elio si strugge per il cavo con una passione commovente, superiore a quella di molti cantanti da canzoncina d’amore: “o cavo, cavo cavo, cavo cavo, non dissaldarti, non dissaldarti!”.

Mio cuggino (Eat the phikis, 1996)
Presa in giro delle leggende metropolitane più diffuse, e anzi del modo assolutamente perentorio e privo di dubbi con cui sono raccontate. L’espressione “mi ha detto mio cuggino” è diventata poi un modo consueto per irridere appunto le balle più grosse raccontate con assoluta certezza. C’è un intervento di Aldo, senza Giovanni e Giacomo.

La terra dei cachi (Eat the phikis, 1996)
Ci andarono a Sanremo, vestiti da Rockets, e Sanremo se li mangiò – «ma che simpatici giovanotti, neh?» – facendoli arrivare secondi tra gli applausi. Loro però lasciarono alla cultura nazionale un ritratto definitivo – la terra dei cachi – confermato in quell’occasione, e una serie di frasi fatte messe in versi e da lì ritornate frasi fatte.

Christmas with the yours (Peerla, 1998)
“Proprio come diceva mia mammaaaaa!”. Stupenda e commovente canzone delle feste, fatta di repertorio natalizio e inglese maccheronico – “christmas with the yours, easter what you want” – che a un certo punto auspica la pace nel mondo e persino la riconciliazione tra Linus e Claudio Cecchetto. La cantano Elio e Graziano Romani.

foto: Gian Mattia D’Alberto/ LaPresse