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  • Domenica 10 luglio 2011

“Israele prenda esempio dal Sudan”

La separazione del Sud Sudan dimostra che si può trovare una soluzione pacifica perfino ai conflitti più sanguinosi, scrive Haaretz

An Israeli soldier places her national flag and a candle on graves at the military cemetery on mount of Olive overlooking old city of Jerusalem, on May 8, 2011 to commemorate Israeli soldiers killed in wars since 1860. Remembrance Day is followed immediately by the 63rd anniversary of the creation of Israel in 1948 according to the Jewish calendar. At least 25310 Israelis have been killed in combat or Arab attacks since 1860. AFP PHOTO/MENAHEM KAHANA (Photo credit should read MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)
An Israeli soldier places her national flag and a candle on graves at the military cemetery on mount of Olive overlooking old city of Jerusalem, on May 8, 2011 to commemorate Israeli soldiers killed in wars since 1860. Remembrance Day is followed immediately by the 63rd anniversary of the creation of Israel in 1948 according to the Jewish calendar. At least 25310 Israelis have been killed in combat or Arab attacks since 1860. AFP PHOTO/MENAHEM KAHANA (Photo credit should read MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

Ieri è nata ufficialmente la Repubblica del Sud Sudan, il più giovane stato del mondo. Migliaia di persone hanno festeggiato allo scoccare della mezzanotte per le strade della capitale Juba. Il primo presidente, Salva Kiir, si è insediato e ha firmato una costituzione transitoria in attesa che il nuovo governo definisca il testo completo. Il referendum dello scorso gennaio aveva decretato la secessione del sud del Sudan dal resto del paese.

Si tratta di un modello replicabile altrove? Lo sostiene oggi il quotidiano israeliano Haaretz, che in un editoriale sprona il governo e l’opinione pubblica a guardare a quanto accaduto in Sudan come a qualcosa da cui prendere esempio. Haaretz sostiene che quanto accaduto al Sud Sudan prova la capacità delle Nazioni Unite di risolvere conflitti gravi e complicati.

La guerra tra nord e sud del Sudan era durata oltre vent’anni – dal 1983 al 2005 – causando più di due milioni di morti e quattro milioni di dispersi. Gli accordi di pace firmati nel 2005 tra il governo di Karthoum e l’esercito di liberazione (Sudan People’s Liberation Army) garantivano tre cose fondamentali al sud: partecipazione al governo centrale, spartizione al 50 per cento delle risorse petrolifere del paese (le risorse maggiori si trovano al sud) e possibilità di votare per la secessione con un referendum nel 2011. Ieri quel percorso è arrivato alla conclusione, alla presenza del segretario generale dell’ONU, compiendo così un ulteriore passo verso la risoluzione di un conflitto che ha radici etniche, religiose ed economiche.

La separazione del Sud Sudan dal Sudan – votata da un referendum democratico, sostenuta dalla comunità internazionale – dimostra che si può trovare una soluzione pacifica perfino ai conflitti più sanguinosi. E il coinvolgimento delle Nazioni Unite è stato il fattore fondamentale in questa soluzione. Israele dovrebbe imparare le lezioni del Sudan. Non solo dovrebbe unirsi al riconoscimento del nuovo Paese [avvenuto oggi, ndr] ma dovrebbe capire che la divisione di Israele in due paesi, sostenuta dalla comunità internazionale, è l’unica strada anche per risolvere il conflitto tra israeliani e palestinesi. Mentre Israele combatte una agguerrita e insignificante battaglia contro il riconoscimento della Palestina da parte dell’Assemblea generale dell’ONU, dovrebbe guardare a quanto accaduto in Sudan e concludere che un piano simile a quello, sostenuto dalle Nazioni Unite, non può che essere il piano migliore anche per Israele. Il Sud Sudan è diventato il 193° paese del mondo. Ci auguriamo che se la Palestina dovesse diventare il 194°, questo avvenga con il sostegno del suo vicino Israele.

foto: MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images