Religione
La tolleranza è fondamentale, specie quando si parla di religione. A Piazza Tahrir abbiamo sentito i canti degli egiziani: “Musulmani, cristiani, siamo una cosa sola”. Gli Stati Uniti lavoreranno perché prevalga questo spirito: perché tutte le fedi siano rispettate e perché si costruiscano ponti tra loro. In una regione che ha visto la nascita di tre grandi religioni, l’intolleranza può portare solo sofferenza e stagnazione. In questa stagione di cambiamenti, i cristiani copti devono avere il diritto di predicare il loro culto liberamente al Cairo, così come gli sciiti non dovranno vedere distrutte le loro moschee in Bahrein.
Quello che vale per le minoranze religiose vale anche per le donne. La storia mostra che i paesi sono più prosperi e pacifici quanto più le donne hanno potere. Per questo continueremo a insistere che i diritti universali si applicano alle donne come agli uomini, concentrandosi sulle politiche sanitarie per i bambini e le madri, aiutando le donne a insegnare o ad avviare un’impresa, difendendo il loro diritto a essere ascoltate e candidarsi alle elezioni. L’intera regione non realizzerà mai il suo potenziale se questo sarà impedito a metà della sua popolazione.
Misure economiche
Per prima cosa, abbiamo chiesto alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale di presentare un piano, al G8 della prossima settimana, per stabilizzare e modernizzare le economie di Tunisia ed Egitto. Secondo: non vogliamo che l’Egitto democratico sia zavorrato dai debiti ereditati dal suo passato. Quindi alleggeriremo di un miliardo di dollari il debito dell’Egitto e lavoreremo coi nostri partner egiziani per investire queste risorse per la crescita economica. Garantiremo agli egiziani un miliardo di dollari in prestiti, per creare posti di lavoro e infrastrutture. Terzo. Stiamo lavorando con il Congresso per creare fondi d’investimento in Tunisia e in Egitto, sul modello di quelli che furono messi in campo nell’Europa dell’est dopo la caduta del Muro di Berlino. Quarto, lanceremo un’iniziativa globale per ravvivare il commercio e le esportazioni di Medio Oriente e Nordafrica: se si toglie il petrolio, oggi le esportazioni dell’intera regioni sono pari a quelle della Svizzera.
Israele e Palestina
Voglio concludere parlando di un altro punto fondamentale del nostro approccio alla regione, che ha a che fare con il raggiungimento della pace. Per decenni, il conflitto tra Israele e il mondo arabo ha gettato un’ombra sull’intera regione. Per gli israeliani, ha significato vivere con la paura che i propri figli potessero saltare in aria su un autobus o colpiti da un missile nella loro camera. Per i palestinesi, ha significato la sofferenza e l’umiliazione dell’occupazione, la vita in uno Stato che non gli appartiene. Inoltre, questo conflitto ha avuto un costo per tutto il Medio Oriente, impedendo partnership e alleanze che potrebbero portare maggiore sicurezza e prosperità.
La mia amministrazione ha lavorato per due anni con le due parti e con la comunità internazionale per finire questo conflitto, e ancora le nostre aspettative sono lungi dall’essere soddisfatte. Il programma di insediamenti israeliani sta procedendo. I palestinesi hanno abbandonato il negoziato. Il mondo guarda a questo conflitto che va avanti da decenni e lo vede in fase di stallo. Infatti, c’è chi sostiene che il cambiamento e l’incertezza riguardo il futuro della regione rendano impossibile andare avanti, arrivare alla pace.