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  • Mercoledì 18 maggio 2011

La pedofilia è colpa di Woodstock

Questa, almeno, è la conclusione a cui è arrivato il più costoso e autorevole studio condotto finora dalla chiesa cattolica americana

Uno studio commissionato dalla Confederazione dei Vescovi americana ha concluso che la causa della pedofilia tra i preti non è né il celibato né l’omosessualità, ma il clima culturale permissivo e libertario della fine degli anni Sessanta. Il rapporto ha rilevato che la maggior parte degli abusi si è verificata negli anni successivi al 1968 e ha quindi dedotto che la colpa è da attribuire a quello, parlando esplicitamente di «effetto Woodstock».

Il New York Times spiega che questo studio è il più autorevole condotto finora dalla chiesa cattolica americana. È iniziato nel 2006 ed è costato 1,8 milioni di dollari: metà forniti dalla confederazione vescovile e il resto da altre organizzazioni e fondazioni cattoliche. Anche il National Institute of Justice e il Dipartimento di Giustizia americano hanno contribuito con 280mila dollari. Il rapporto completo sarà diffuso domani dalla confederazione vescovile a Washington, ma un primo estratto è stato già pubblicato sul suo sito.

Il rapporto sostiene che non sarebbe stato possibile per la Chiesa né per nessun altro individuare in anticipo i preti pedofili, perché non presenterebbero «particolari caratteristiche psicologiche» o disturbi. Il rapporto fa inoltre notare che con l’aumentare dei preti omosessuali all’interno della chiesa dalla fine degli anni Settanta gli abusi sui minori hanno iniziato a diminuire e che quindi l’omosessualità non può essere in nessun modo considerata responsabile dello scandalo. Se le vittime sono state più spesso i bambini, spiega il documento, è solo perché i preti in quegli anni erano più spesso in contatto con i maschi invece che con le femmine.

Il rapporto solleverà molte polemiche, dice il New York Times, perché sostiene anche che la maggior parte dei preti che hanno commesso abusi non possono essere definiti «pedofili». Soltanto il 5 percento presenterebbe infatti quei «disturbi psichiatrici caratterizzati da ricorrenti fantasie sessuali su preadolescenti» che vengono di solito associati alla pedofilia. La stessa definizione di «preadolescente» usata lascia molte perplessità. Il rapporto considera preadolescenti soltanto i bambini sotto i dieci anni e conclude quindi che soltanto il 22 percento delle vittime lo fossero. Secondo la American Psychiatric Association, invece, preadolescente è qualsiasi bambino sotto i 13 anni. Se venisse usato questo parametro, quindi, il numero delle vittime da considerarsi tali aumenterebbe in maniera significativa fino a coprire la maggioranza dei casi.