Il lavoro c’è eccome, per gli stranieri

Dati alla mano, Luca Ricolfi smonta la tesi per cui non possiamo far entrare i migranti a causa della crisi economica

Luca Ricolfi sulla Stampa analizza con precisione e molti dati l’inserimento dei cittadini stranieri sul mercato del lavoro italiano, arrivando alla conclusione che delle ragioni per cui è legittimo gestire e contenere la temuta “invasione”, quella della mancanza di lavoro non sta in piedi: il lavoro c’è eccome, per gli stranieri.

La situazione a Lampedusa si complica. Il mare grosso impedisce l’arrivo di nuovi migranti, ma anche il trasferimento sul continente delle migliaia di persone sbarcate nelle ultime settimane. Le navi che dovevano assicurare «in 48-60 ore» (parole di Berlusconi) lo sgombero dell’isola non riescono nemmeno ad attraccare, mentre i tunisini ammassati nella tendopoli pugliese di Manduria fuggono (o sono lasciati fuggire?) scavalcando esili reti di recinzione, o passando attraverso varchi lasciati aperti. Quanto alle Regioni che avevano dato la loro disponibilità a gestire i nuovi arrivati, una dopo l’altra fanno marcia indietro, o come minimo costellano di innumerevoli paletti e distinguo la loro volontà di accoglienza: sì ma solo i rifugiati politici, sì ma non nelle tendopoli, sì ma solo se nessun’altra regione si tira indietro.

Bruttissime figure, dunque, sono in arrivo per il governo in generale (l’ennesima promessa tradita) e per la Lega in particolare, pronta a fare la faccia feroce in campagna elettorale, ma impotente – come chiunque – al momento di affrontare il problema dell’immigrazione.
Già, ma qual è il problema? In questi giorni ho sentito due versioni. Una dice: se l’Europa se ne lava le mani, e noi italiani non riusciamo a rimandarli indietro rapidamente, il segnale di impotenza che inviamo a tutti i disperati del Nord Africa avrà conseguenze catastrofiche, perché i 20 mila migranti di questi mesi (tanti ma non tantissimi) potrebbero rapidamente diventare 50 mila, 500 mila, 1 milione. Per non parlare dei problemi di legalità: uno Stato serio non può accettare che sul proprio territorio circolino o transitino migliaia di persone non identificate, non tutte alla ricerca di un lavoro con cui campare.

C’è anche una seconda versione, che capita di ascoltare soprattutto in casa leghista: li vogliamo rimandare a casa perché in Italia c’è la crisi, manca il lavoro, e quel poco che c’è non basta nemmeno agli italiani. Insomma, i tunisini li vogliamo mandare via non perché siamo razzisti, ma perché c’è la disoccupazione. La prima versione del problema immigrati – un Paese ha diritto di limitare gli ingressi e far rispettare le leggi – pone un mucchio di problemi morali, giuridici, pratici, ma è comprensibile, al limite del puro buonsenso. Sulla seconda versione, che sottolinea la mancanza di lavoro, ho invece molti dubbi. Sembra logica anch’essa, ma lo è meno di quanto appaia a prima vista.

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