«Ogni giorno», ci dice Adair, «arrivano su PolitiFact 50 mila persone.» Ma la soddisfazione per il reporter a caccia di verità è che la sua creatura ha fatto breccia anche nei cuori, notoriamente duri, dei più importanti uomini di Washington e dintorni, quelli che frequentano il Congresso e gli uffici governativi. A due anni dalla nascita del progetto l’establishment della capitale vive ormai nell’ossessione di Truth-O-Meter, il cruscotto della verità che indica il livello di attendibilità dell’affermazione di un politico, spostando una lancetta da destra (“vero”) a sinistra (“Pants On Fire”, “Fuoco ai pantaloni”, che è un po’ come dire in italiano “Attento, ti cresce il naso”). In questo modo, il Truth-O-Meter comunica al mondo quanto ci possiamo fidare di una frase e del personaggio che l’ha pronunciata.
E se il verdetto è negativo, la bugia diventa un fenomeno “virale”, come dicono quelli che si intendono di Internet: foto e giudizio cominciano il loro giro per il web tra blog, Twitter e Facebook e lo sbeffeggio prosegue senza fine. «Siamo riusciti a entrare nell’ingranaggio per sovvertirlo», dice Adair con soddisfazione. «Dall’inizio abbiamo deciso di monitorare non solo tv e giornali, ma anche le fonti informali online, come, per esempio, le catene di e-mail o i social network che ormai i politici utilizzano come strumento di comunicazione diretta con gli elettori.» Terrorizzati dall’idea di essere colti con i “pantaloni in fiamme”, i rappresentanti del popolo americano esultano ogni volta che la lancetta di Truth-O-Meter inclina dalla parte del vero, si deprimono quando pende nell’altra direzione e tirano un sospiro di sollievo se sta nel mezzo e dintorni.
«Abbiamo creato un cruscotto con sei diversi livelli perché siamo convinti che la verità, soprattutto in politica, non è mai bianca o nera. Ci sono sempre differenti gradazioni.» Un responso che dica “per lo più vero” è considerato da parlamentari e ministri un successo, “metà vero” lo ritengono un pareggio, tutto il resto significa potenziali problemi e rischio figuraccia, soprattutto se l’indicatore è sdraiato tutto a sinistra. In quel caso si tratta di bugie belle e buone, quelle che fanno allungare il naso del burattino di Collodi e, per esempio, hanno messo in difficoltà la senatrice democratica Barbara Boxer quando ha detto: «Ho chiesto all’allora segretario di Stato Condoleeza Rice quante persone erano morte e lei non ha risposto».
Il problema è che la domanda non è mai stata posta, che i ragazzi di Adair lo hanno accertato e accanto alla foto della senatrice ora c’è un bel fuoco che arde, segno di falsità senza appello. «Un Pants On Fire non indica solo una menzogna, ma anche una bugia così spudorata che rasenta il ridicolo.» Certo, ammette Adair, ci sono peccati politicamente più gravi di questo, ma le menzogne sono sempre menzogne e vanno guardate in prospettiva: messe insieme dicono qualcosa sull’affidabilità di un politico. È per questo che fin dall’inizio PolitiFact ha investito su una sofisticata piattaforma tecnologica: ogni rappresentante del popolo ha un archivio personalizzato con tutte le dichiarazioni verificate dalla redazione.
Alla senatrice Boxer allora, la cui unica altra affermazione archiviata è “appena vera”, non resta che sperare di migliorare il suo curriculum in vista delle prossime elezioni. Truth-O-Meter infatti non dimentica nulla e, prima di recarsi al seggio per rinnovare il Congresso, all’elettore basterà scorrere la pagina della senatrice, o quella di qualsiasi altro politico, per capire se si tratta di un uomo o di una donna da cui, come si dice in America, si può comprare un’auto usata.
«Vale per i senatori, per i deputati ma anche per chi sta un po’ più in alto», precisa Adair. Allude al fatto che quando, nel 2012, si tratterà di scegliere il prossimo presidente, il cittadino americano potrà dare un’occhiata a The Obameter, un termometro creato su misura per le promesse elettorali effettuate dall’attuale inquilino della Casa Bianca.
La redazione di PolitiFact ne ha individuate oltre cinquecento. Per la cronaca, a metà mandato il primo presidente afro-americano della storia aveva tenuto fede a 122 impegni, raggiunto un compromesso su 41, messo in stand-by 22. Circa la metà (232 promesse) erano ancora in attesa di essere prese in mano, mentre 22 erano state del tutto disattese. Tra queste ultime, alcuni capisaldi del suo programma, come la volontà di avviare una discussione pubblica di cinque giorni prima di approvare qualsiasi legge o la garanzia di non alzare le tasse alle famiglie con un reddito inferiore ai 250 mila dollari. I fan di Obama devono preoccuparsi per queste cifre? Chissà, intanto, per non sbagliarsi, l’entourage presidenziale monitora da vicino il sito perché non si sa mai.
«So per certo che lo staff del presidente ci segue con attenzione», dice Adair mentre finisce di bere il suo caffè. «Una volta, dopo che abbiamo rilevato una promessa non mantenuta, Obama ha provato a correggere un provvedimento. Una persona del suo staff mi ha detto che questo era stato possibile solo grazie alla nostra segnalazione.»
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È uscito il 22 Marzo per Bruno Mondadori La scimmia che vinse il Pulitzer, di Nicola Bruno e Raffaele Mastrolonardo.
Nicola Bruno è cofondatore di effecinque, agenzia giornalistica specializzata in formati innovativi per l’informazione online. E’ stato Journalist Fellow presso il Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford e ha un blog, Nicoblog.
Raffaele Mastrolonardo da dieci anni si occupa di tecnologia e web per riviste e quotidiani online e di carta. Tra questi, il Manifesto, il Corriere della sera, Sky.it. E’ cofondatore di effecinque. Il suo blog si chiama Articoli & Commenti.