Di corrotti e corruttori

Michele Ainis analizza i rapporti tra legge, Costituzione e mercanteggiamento dei deputati

Se c’è un succo, nel commento sulla Stampa del costituzionalista Michele Ainis, è il succo di ogni riflessione sulle attività repressive di fenomeni diffusi: ovvero che ci vorrebbe ben altra rinascita culturale ed etica per limitare quello che succede nel parlamento italiano in queste ore, piuttosto che le fragili inchieste giudiziarie annunciate.

Il voto di fiducia è come una messa solenne nel tempio delle istituzioni. Celebra la sacralità del Parlamento, che attraverso questo rito sceglie un nuovo papa, o riconsegna al vecchio le chiavi pontificie. Ma al contempo celebra i governi, innalzandoli alla gloria dell’altare. Invece la politica italiana ha trasformato la messa in messinscena, la liturgia in commedia. Se i santini sono questi, per noi fedeli sarà dura raccoglierci in preghiera.
È il caso, innanzitutto, del governo Berlusconi. Davvero c’è da attendere il 14 dicembre per decretarne i funerali? Davvero lo stesso giorno potremmo viceversa assistere al miracolo della sua resurrezione? È insomma un voto in meno o in più che può restituirci un esecutivo autorevole e longevo?
Evidentemente no, non è così. Se anche Berlusconi la spuntasse per il rotto della cuffia, il giorno dopo si ritroverebbe come Prodi, appeso agli umori del trotzkista Turigliatto o della moglie di Mastella. L’Italia ha urgenza d’una stagione di riforme, ma nessuna compagine ministeriale potrà mai inaugurarla senza una forte base in Parlamento.
Servirebbe dunque guadagnare nuovi soci, allargare la coalizione di governo con un programma condiviso.

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