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  • Venerdì 10 dicembre 2010

Che fine ha fatto Dadis Camara

Wikileaks racconta come Stati Uniti e Francia si sbarazzarono dell'ex dittatore della Guinea Conakry

di Elena Favilli

Tra le molte storie affascinanti contenute nei cable di Wikileaks c’è sicuramente quella che racconta dell’ex dittatore della Guinea Conakry, Dadis Camara, del suo rocambolesco incidente, e di come Stati Uniti e Francia abbiano fatto di tutto per impedirgli di rientrare nel suo paese una volta guarito.

Quando prese il potere con un golpe militare nel 2008, alla morte del dittatore Lansana Conte, il capitano dal berretto rosso Moussa Dadis Camara disse che non sarebbe rimasto a lungo al comando in Guinea. Era un patriota, spiegava, non un dittatore. Non avrebbe mai usato la forza per mantenere il potere e avrebbe concesso elezioni democratiche di lì a poco. Fu acclamato da molti suoi connazionali come un eroe, un salvatore del paese devastato da anni di corruzione. Le preoccupazioni internazionali furono respinte da un ampio consenso per l’arrivo di un uomo forte che annunciava pulizia. Qualcuno azzardò anche la definizione di “Obama Junior“.

Nove mesi dopo, il 28 settembre del 2009, i soldati del suo esercito massacrarono 157 persone e ne ferirono più di mille durante una manifestazione di protesta nello stadio della capitale Conakry. Ci furono terrificanti violenze e stupri, e seguì l’attenzione indignata della stampa internazionale. L’ufficiale col fascino da attore era diventato un temibile dittatore, malgrado le promesse. Un paio di mesi dopo il capo delle sue guardie Abubakar Toumba Diakite sparò a Camara un colpo di pistola alla testa, ferendolo gravemente. «L’ho fatto perché ci aveva tradito: mi accusava di essere il responsabile del massacro allo stadio, ma la verità è che è stato lui a ordinare il massacro».

Dadis Camara fu curato in un ospedale in Marocco e i primi annunci di una sua rapida guarigione e rientro furono ridimensionati nei giorni successivi: da allora non è più tornato in Guinea. Dopo la guarigione, fu trasferito a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, dove gli fu fatto firmare un documento in cui si impegnava a non rientrare in Guinea prima delle nuove elezioni. Grazie ai documenti diffusi da Wikileaks, ora sappiamo che se Dadis Camara non riuscì più a rientrare nel suo paese fu soprattutto per le pressioni esercitate da Stati Uniti e Francia.

Poco dopo il fallito omicidio di Dadis Camara, l’ambasciatore per gli Stati Uniti di base a Conakry, Patricia Moller, si incontrò con alcuni diplomatici francesi per discutere del futuro della Guinea. Dai documenti emerge che Stati Uniti e Francia erano d’accordo nel sostenere che il rientro di Camara doveva essere impedito e che si doveva sfruttare l’occasione per guidare il paese verso un governo democratico.

In una serie di documenti redatti dai diplomatici americani nel dicembre del 2009, Camara viene descritto come un personaggio «stravagante, violento e imprevedibile», che avrebbe sicuramente assicurato un «futuro cupo alla Guinea». Stati Uniti e Francia chiedono ripetutamente al Marocco di trattenere Dadis Camara il più a lungo possibile. «Dadis ha assoldato mercenari dal Sud Africa che si sono sommati ai suoi uomini. Il suo esercito conta duemila o tremila uomini con armi provenienti dall’Ucraina. Il potenziale per un conflitto minaccia l’intera regione», scriveva il numero due dell’ambasciata americana a Conakry, Robert P. Jackson.

Nel frattempo iniziano le trattative per capire a quale stato affidare Dadis Camara. Il 7 gennaio 2010 il re del Marocco Mohammed VI chiede al presidente del Gabon di prendersi l’ex dittatore, ma lui rifiuta. Quindi è la volta di Senegal, Arabia Saudita, Libia e Gambia – mentre il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner propone di chiedere al Congo – ma nessuna delle alternative sembra andare bene. Anche perché su Camara potrebbe arrivare da un momento all’altro un mandato di comparizione di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia per il massacro del 28 settembre 2009 e nessuno sembra avere molta voglia di ospitarlo nel proprio paese. Alla fine, il 12 gennaio, si decide di trasferire Camara in Burkina Faso, una soluzione su cui l’ambasciatore americano Moller aveva lavorato con la Francia fin dall’inizio.

Intanto Parigi e Washington cercano di trovare un successore per Camara in Guinea. Subito emerge il nome del generale Sekouba Konate: «Viste le frequenti discussioni tra Hillary Clinton e Bernard Kouchner, e visto che le due capitali hanno manifestato le stesse intenzioni, Sekouba Konate offre l’unica reale speranza per una transizione politica». L’unico problema, si legge nel documento, è che il generale si è detto «stanco» e «non interessato al potere».

Il resto è quello che sappiamo già dalle cronache degli ultimi mesi. Il generale Konate si assume effettivamente l’incarico di un governo ad interim e il 27 giugno si tengono le prime elezioni democratiche da quando la Guinea Conakry ha conquistato l’indipendenza dalla Francia nel 1958. Nessun candidato ottiene il 50 percento dei voti e dopo mesi di rinvii e scontri tra le varie fazioni politiche si va al ballottaggio lo scorso 7 novembre. Il 3 dicembre Alpha Conde viene confermato nuovo presidente della Guinea Conakry. Dadis Camara si trova tuttora in Burkina Faso.

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