L’altra questione che richiede qualche spiegazione è quella della norma informale che prevede che ogni spostamento di giornalista da un servizio a un altro, dalla cronaca alla politica, dallo sport agli spettacoli, debba prevedere il consenso dell’interessato, anche a parità di mansione. Anche questa è una realtà comune alla maggioranza delle testate giornalistiche cartacee italiane: non basta che il direttore ritenga opportuno spostare un giornalista da un servizio all’altro: per rafforzare il servizio, per ragioni editoriali. Serve che il giornalista sia d’accordo con lo spostamento, in modo da evitare situazioni di scontento e rischi di prepotenze, e coinvolgere i giornalisti nelle decisioni su come destinare e utilizzare le professionalità della redazione. Questo genera però un notevole Risiko, come si può immaginare: consolida rendite di posizione nei servizi più prestigiosi, rende complicato l’investimento su servizi che necessitano di un rafforzamento rispetto al passato – come appunto l’online – e l’inserimento e la valorizzazione dei giornalisti più giovani.
Il più delle volte la faccenda si risolve con una soluzione di rozza efficacia: ogni spostamento viene accompagnato a una promozione, vice capo servizio, capo servizio, capo redattore, eccetera. Altre volte non si risolve, e l’organizzazione efficace del lavoro in redazione risente quindi di questa situazione. Il resto della lettera di De Bortoli non necessita di altre spiegazioni.
Il CdR del Corriere della Sera ha giudicato la lettera di De Bortoli un “attacco mosso contro le tutele e le regole che garantiscono la libertà del loro lavoro e, di conseguenza, l’indipendenza dell’informazione” del giornale.
La lettera elencava già i risultati che una pseudo-negoziazione avrebbe dovuto raggiungere e si chiudeva intimando che «se non ci sarà accordo, i patti integrativi verranno denunciati, con il mio assenso». Tale approccio è in aperto e ingiustificato contrasto con il senso di responsabilità mostrato dalla Redazione nella gestione dello «stato di crisi» e nell’introduzione di tutte le iniziative editoriali proposte da questa direzione in due anni. L’Assemblea dei giornalisti auspica e chiede da tempo di conoscere le linee strategiche e i piani di sviluppo che Azienda e Direzione intendono attuare tenendo conto sia delle nuove tecnologie a disposizione, sia della qualità, dell’accuratezza e dell’indipendenza dell’informazione. Nulla di tutto ciò ci è mai stato presentato. La battaglia che i redattori del Corriere hanno intrapreso vuole riportare il giornale al suo ruolo leader attraverso un’informazione libera e autorevole che non può prescindere dalle garanzie per ciascun giornalista. Chi scrive deve poterlo fare senza pressioni, minacce, ricatti. Questo è l’impegno che offriamo ai lettori. Il Cdr e i giornalisti del Corriere della Sera chiedono che il Direttore riveda una posizione pregiudiziale che per la Redazione è irricevibile e torni a un confronto rispettoso dei rapporti sindacali.
Vero è che si scontrano, in mezzo a posizioni e richieste equilibrate che ci sono da ambo le parti, anche una sempre più invadente priorità commerciale da parte degli editori che nel tagliare e riconvertire spesso trascurano la qualità di quello che fanno, e una radicata ignoranza e diffidenza da parte di molti giornalisti nei confronti del cambiamento. Che è straordinario, e non può che portare a scontri come questo.