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  • Mercoledì 22 settembre 2010

“Dietro i sorrisi e le preghiere”

Secondo il NYT la visita del Papa in Gran Bretagna non è andata bene come l'hanno raccontata

Pope Benedict XVI sits at a Chapel in Oscott College in Birmingham, England, Sunday, Sept. 19, 2010. Pope Benedict XVI is on the last day of a four-day visit, the first-ever state visit by a Pope to Britain (AP Photo/Simon Dawson, Pool)
Pope Benedict XVI sits at a Chapel in Oscott College in Birmingham, England, Sunday, Sept. 19, 2010. Pope Benedict XVI is on the last day of a four-day visit, the first-ever state visit by a Pope to Britain (AP Photo/Simon Dawson, Pool)

Prima della visita del Papa in Gran Bretagna, si è discusso per settimane del significato, delle aspettative e delle insidie che un simile evento avrebbe comportato nelle relazioni tra il Vaticano e l’Europa, tra la Chiesa cattolica e quella anglicana. Durante e dopo la visita, invece, quasi nulla. Intendiamoci: abbiamo letto e sentito degli incontri del Papa con le vittime di abusi sessuali, delle sue parole sulla pedofilia e il nazismo, dei suoi incontri con la Regina e il primo ministro Cameron. Ma al di là delle formalità e dei protocolli di simili circostanze, non è stato chiarissimo cosa rimarrà di questa visita: e soprattutto se è cambiato qualcosa negli storicamente complicati rapporti tra il Vaticano e la Chiesa anglicana.

Oggi prova a rispondere alla domanda il New York Times, in un articolo che spiega come “dietro i sorrisi e le preghiere”, la visita del Papa abbia mostrato in questo momento una distanza più grande che mai tra cattolici e anglicani. La linea nella Chiesa anglicana imponeva di non manifestare alcuna forma di dissenso in pubblico, ma molti hanno giudicato provocatoria la decisione di Ratzinger di celebrare personalmente la messa per la beatificazione del cardinale John Henry Newman: in primo luogo perché il Papa aveva sempre detto di voler celebrare durante il suo papato solo le messe della canonizzazione, l’ultimo stadio per diventare santi; in secondo luogo perché il cardinale Newman lasciò proprio la Chiesa anglicana per convertirsi al cattolicesimo. E quando un anno fa il Vaticano annunciò la sua prossima beatificazione, gli anglicani si irritarono molto.

Il caso aveva tirato nuovamente fuori la polemica sulle conversioni: da qualche anno, infatti, sono aumentate le conversioni al cattolicesimo da parte degli anglicani tradizionalisti, che non si sentono più a loro agio in una chiesa che permette il sacerdozio a donne e omosessuali. Il Vaticano ha incentivato questa tendenza, permettendo agli anglicani di convertirsi al cattolicesimo conservando alcune delle loro tradizioni più radicate, vedi la possibilità per i sacerdoti di contrarre matrimonio.

L’esistenza di queste tensioni non è un mistero per nessuno, tanto che lo stesso Ratzinger venerdì ha fatto riferimento alle “difficoltà che il percorso ecumenico ha incontrato e continua a incontrare”. L’arcivescovo anglicano Williams ha restituito il colpo subito dopo, dicendo durante la messa che “i cristiani hanno punti di vista molto diversi riguardo la natura della vocazione della Chiesa di Roma”. Altra sottile risposta del Papa, durante la cerimonia di canonizzazione: “La conversione di Newman fu un gesto profetico, che può contribuire positivamente allo sviluppo dei rapporti tra anglicani e cattolici”. Sembrano scaramucce, ma inserite nel contesto del rigidissimo protocollo di questo genere di visite equivalgono a una guerra senza esclusione di colpi.

Sia gli anglicani che i cattolici sanno però che il dialogo tra le due confessioni, separatesi a seguito della Riforma protestante, è diventato praticamente impossibile, specie dopo la decisione della Chiesa anglicana di ordinare sacerdoti donne, ormai risalente al 1994. “La piena comunione era e rimane l’obiettivo”, ha detto Christopher Hill, arcivescovo anglicano di Guildford. “Quanto sia distante questo obiettivo è un altro discorso”.

Con “piena comunione” si intende la possibilità per i sacerdoti anglicani e cattolici di amministrare i sacramenti l’uno nelle chiese dell’altro senza dover essere nuovamente ordinati, così da permettere anche ai fedeli di ricevere i sacramenti nell’una o nell’altra chiesa indipendentemente dal loro culto: ed è evidente che la presenza di sacerdoti donne tra gli anglicani rende per il momento quel passo lontanissimo. Nei prossimi anni la Chiesa anglicana ordinerà altre donne, ottenendo un rinforzamento della sua ala più moderna e liberale e una probabile fuga dei suoi esponenti più conservatori verso la Chiesa cattolica, che recentemente ha giudicato l’ordinazione di sacerdoti donna come un “crimine contro la fede”, punibile con la scomunica.

Da qui si arriva quindi alla decisione del Vaticano di aprire le porte ai tradizionalisti, piuttosto che cercare un punto di incontro con gli anglicani. Gli stessi tradizionalisti, però, non sono tutti così convinti di passare alla Chiesa di Roma. “Siamo un paese di atei e protestanti”, ha detto ancora l’arcivescovo Hill. “Un sacco di gente non prende la religione molto sul serio. L’unica cosa che prendono sul serio riguardo la religione è quanto sia atroce la Chiesa cattolica”.