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  • Giovedì 26 agosto 2010

Cos’è la tessera del tifoso e perché è causa di tante polemiche e scontri

Ieri un gruppo di ultrà ha assaltato un comizio di Maroni per protestare contro la tessera del tifoso

di Giovanni Fontana

Ieri alcuni ultrà hanno fatto irruzione in un comizio della Lega Nord dove era presente il ministro dell’interno Maroni per protestare contro la tessera del tifoso. Come accade spesso quando di mezzo ci sono le frange estreme del tifo, la protesta si è tradotta in gesti simili ad azioni di guerriglia urbana, con auto della polizia date alle fiamme e un agente ferito.

Ma perché quelli che Stefano Nazzi – in un post educativo – ha definito i “bravi ragazzi delle curve” contestano questa nuova iniziativa delle autorità sportive?

Cos’è
L’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive la definisce così:

La “tessera del tifoso” è uno strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio. Il progetto lanciato dall’Osservatorio si pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali”.

Nei fatti è un documento elettronico, delle dimensioni di un bancomat, a cui sono associati diversi servizi. Ogni società calcistica ha le proprie convenzioni con banche, attività commerciali, o raccolte punti. La funzione principale, però – e valida per tutti – è che da quest’anno sarà necessario possedere una tessera del tifoso per abbonarsi alla propria squadra, o per seguirla in trasferta.

Nella maggior parte dei casi la tessera è gratuita nel caso venga acquistata assieme a un abbonamento stagionale, oppure costa intorno ai 10 euro se la si compra singolarmente. Il tesserino riporta il nome e la foto del titolare, rendendone agevole l’identificazione, e dovrà essere presentato sia al momento dell’acquisto del biglietto, che all’entrata allo stadio.

A cosa serve
Per quanto il concetto di fidelizzazione sembri suggerire un uso commerciale della tessera, il principale obiettivo è quello di combattere gli atti di violenza all’interno e nelle immediate vicinanze degli stadi. La funzione svolta sarebbe sia quella di deterrenza, rendendo gli spettatori consci della loro identificabilità in caso di atti illeciti, sia di prevenzione, impedendo a persone potenzialmente pericolose per l’ordine pubblico di entrare nelle strutture. Sempre sul sito dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive si legge:

La tessera, rilasciata dalla società sportiva previo “nulla osta” della Questura competente che comunica l’eventuale presenza di motivi ostativi (Daspo in corso e condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni), fidelizza il rapporto tra tifoso e società stessa.

Un D.a.spo, acronimo per Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive, è un provvedimento emesso dalla questura nei confronti di individui che abbiano partecipato a disordini e può durare da uno a cinque anni. Essendo qualificata come misura preventiva è sufficiente una denuncia perché questa possa essere emanata, anche senza la necessità di una condanna definitiva.

I numeri
Le tessere che sono state richieste fino a ora a tutte le società di Serie A e Serie B sono poco più di mezzo milione. Il Milan, che ha adottato una politica di convenzioni particolarmente vantaggiosa, ha ricevuto domanda per 220.000 di questi tesserini. Seguono Inter, con 50 mila sottoscrizioni, la Fiorentina con 25 mila e la Roma con 20 mila.

Al di là delle cifre complessive, il numero degli abbonamenti alla stagione calcistica quest’anno è calato drasticamente, anche a causa della tessera del tifoso, e diverse sezioni delle curve italiane hanno annunciato contestazioni. Alcuni gruppi, come quelli di Lazio, Atalanta e Ternana, hanno addirittura deciso di sciogliersi.

Perché non la vogliono
Non sono stati soltanto i gruppi ultras a esprimersi contro la tessera del tifoso, ma anche molti nomi noti del mondo del calcio – come il presidente dell’UEFA Michel Platini – o alcuni calciatori e presidenti, fra cui Daniele De Rossi, Francesco Totti e Mauro Zamparini.

Ciò che attira le maggiori critiche è l’operazione di schedatura che risulterà dall’applicazione delle nuove misure, una catalogazione che non è presente in Inghilterra – nazione a cui si fa spesso riferimento per aver sconfitto il fenomeno hooligan. Altri hanno chiesto che la stessa schedatura sia attuata sulle forze dell’ordine, per punire eventuali atteggiamenti violenti delle stesse: naturalmente, i due provvedimenti non sarebbero l’un l’altro in contraddizione.

Inoltre, essendo il divieto di rilascio della tessera del tifoso basata sul D.a.spo, è possibile che l’accesso alle manifestazioni sportive sia limitato anche a chi ha subito soltanto una denuncia o una condanna ancora non definitiva, attuando una sorta di condanna preventiva. Il problema c’è, ma la tessera del tifoso non fa altro che innestarsi su una norma già presente, e renderne più agevole l’applicazione.

Ma funziona davvero?
Non c’è dubbio che la Tessere del Tifoso sia una dichiarazione d’impotenza del ministero dell’interno, delle questure e delle società calcistiche. È anche vero che, come ripetuto spesso, negli altri Paesi in cui il calcio è seguito da una larga fetta di persone nessuna misura simile è presente, e l’identificazione avviene attraverso telecamere piazzate ovunque all’interno degli stadi: del resto le misure attualmente presenti, se attuate, sarebbero sufficienti a intervenire efficacemente nei confronti dei violenti.

È tuttavia da rilevare che l’enorme ostilità che la tessera del tifoso ha incontrato fra le frange estreme del tifo evidenzia una reazione sproporzionata rispetto alla vera entità della misura: la possibilità di essere identificati all’entrata di una struttura sportiva appare come una piccola concessione che può essere ragionevolmente accordata alle autorità, se questa può servire a debellare la violenza negli stadi. È per questo che alcune delle perplessità espresse dai gruppi del tifo organizzato – per quanto legittime e parzialmente giustificate – appaiono in larga porzione pretestuose.

L’incessante furore degli ultras nei confronti di questo provvedimento mostra, ancora una volta, la sensazione di immunità alle leggi dello Stato di cui – fra treni settimanalmente devastati, enormi cordoni di polizia dedicati a spese dei contribuenti, ricatti violenti per entrare negli stadi senza biglietto – è pregno il mondo ultras: una concezione che è stata favorita dal lassismo e dalla connivenza delle società calcistiche e del mondo politico negli ultimi anni.