L’estinzione del pattìno

Repubblica racconta la scomparsa dell'imbarcazione da spiaggia per antonomasia

Cose che si sanno del pattìno, se non si è giovanissimi: che qualcuno lo chiama “moscone”, come sostengono i dizionari dei sinonimi; che su ampie porzioni di costa occidentale della penisola è detto patìno, con una ti sola; che c’era la canzone “e come l’anno scorso, sul mare col pattìno”.
Cose che si sanno del pattìno, se si è giovanissimi: nessuna.
Perché non ci sono più i pattìni.

Salvo rari esemplari a disposizione dei bagnini per il salvataggio (e scarsamente usati), sulle spiagge italiane gli eleganti pattìni sono stati progressivamente sostituiti dall’avanzata dei pigri e goffi pedalò e di altre imbarcazioni approssimative o più moderne.

Aquiloni che trainano windsurf, motoscafi che trascinano enormi banane di plastica (con bagnanti a cavalcioni), paracadute che sollevano ragazzi con tavole o sci d’acqua…

La scomparsa del pattìno è raccontata da Jenner Meletti oggi su Repubblica.

È finita, l’epopea del moscone. Non solo in questa riviera che l’ha visto nascere ma in tutte le spiagge italiane. Al lido di Venezia il noleggio di pattini e pedalò (il cugino del moscone costruito in vetroresina e spinto a pedali) è stato chiuso. Chiusi anche i cantieri delle Marche e della Liguria che producevano queste “utilitarie del mare”. L’ultimo “mosconaio” è a Cattolica. «Riusciamo a resistere – dice Elvino Magi, 70 anni – perché chi fa soccorso in mare si è accorto che il moscone in legno è più robusto e veloce di altri mezzi in vetroresina. Facciamo 120 pezzi all´anno e più dell’80% escono da qui dipinti in rosso e con la scritta “Salvataggio”».

Il cantiere De Biagi e Magi è segnalato come riferimento anche dalla voce di Wikipedia sul pattìno, e Meletti ne ha usato esperienza e testimonanze nel suo articolo.

C’è profumo di legno, colla e vernice nel cantiere di Elvino Magi e del suo socio Bruno De Biagi. «Per fortuna oggi le macchine ci aiutano. Da giovane facevo tutto a mano: sega e pialla, chiodi e martello. Usavamo legno massello. Prima l’abete, poi l’obece e infine il samba, che è legno africano di una pianta enorme. Con un solo samba si ricavavano 800 tavole, quelle che ci servivano in una stagione intera per costruire, allora, 250 pezzi. Ma i pattini fatti così avevano un difetto: si appesantivano con le infiltrazioni d’acqua. Uscivano da qui che erano 70 chilogrammi e ogni anno erano tre chili in più. Un moscone dura trent’anni e alla fine arrivava a pesare troppo. Adesso usiamo un compensato multistrato che resiste all’acqua e mantiene il peso forma».
Costa 1.550-1600 euro, un moscone della ditta Magi & De Biagi. «Il cantiere è ancora aperto perché costruiamo tanti altri attrezzi da spiaggia: torrette di avvistamento, pedane, gazebo, giochi di bocce… Il moscone resta però la nostra passione. I nostri sono bianchi e azzurri ma c’è chi li vuole aragosta o verde mare e noi li accontentiamo. Abbiamo due modelli, il Versilia e il Cattolica. Con la panchetta o i sedili, con il prendisole… Ricordo che quando facemmo i primi con il prendisole ci fu un mezzo scandalo. Dicevano che quel piano di assi tenere, un po’ ‘coperto dal bordo, sembra un letto…».

E quindi anche il pattìno va a finire in quel repertorio di cose buone per far conversazione sotto l’ombrellone – “ti ricordi, il pattìno?” – confidando che il commosso ricordo sia meglio delle rinnovate soluzioni prospettate in conclusione dall’articolo di Meletti.

«Andare in moscone – dice Fausto Ravaglia, bagno 135 a Marano beach – era anche un bell’esercizio fisico. Usavi le braccia, allargavi il torace. Ma io non ho perso la speranza, anche se qui a Riccione un tempo c’erano 300-400 mosconi e ora ne sono rimasti una decina. Per appassionare i bambini, ho inventato il “mini salvataggio”, un piccolo moscone che serve a insegnare come si salva il bagnante in difficoltà. I bimbi fanno un corso, ricevono anche un diploma. Il moscone in spiaggia è indispensabile. Io d´inverno faccio l’istruttore e insegno a chi diventerà soccorritore a usare questo bellissimo attrezzo. Il moscone taglia bene le onde, resiste alle mareggiate, non si rovescia. Certo, bisogna saperlo usare. Il soccorritore non rema seduto, con la schiena alle onde. Deve stare in piedi, guardare verso il largo, cercando la persona da salvare».
C’è chi non si rassegna alla fine di un’epopea. Marco Morosini, designer di Cattolica, ha preparato il moscone del futuro. «Trenta pezzi, numerati. Tutto in mogano. Costa 5.800 euro e abbiamo già qualche prenotazione. Potrebbe essere usato come tender, per chi ha classe e non vuole scendere dallo yacht con un canotto. C’è anche un piccolo frigo per una bottiglia di champagne». Ai tempi della «leggenda», bastavano una birra e un chinotto, avvolti in un asciugamano bagnato.