Il gran rifiuto

La storia di papa Celestino V, evocata dai giornali a proposito del nuovo film di Nanni Moretti

Sul nuovo film di Nanni Moretti, previsto per primavera 2011, le anticipazioni giornalistiche hanno evocato delle affinità tra la storia del papa contemporaneo in crisi rispetto al suo ruolo e la figura storica di papa Celestino V. Per non arrivare impreparati alle discussioni dell’anno prossimo, ammesso che le affinità ci siano davvero, abbiamo ricostruito quel che c’è da sapere sul breve pontificato del 1294.

Pietro Angeleri da Morrone nacque in una famiglia contadina del Molise, penultimo di dodici figli, intorno al 1210. Visse la maggior parte dei suoi anni da eremita, interrompendo l’isolamento solo in poche occasioni: per prendere i voti sacerdotali a Roma intorno ai vent’anni, per formare una congregazione benedettina e, nell’inverno del ’73, per andare a piedi fino a Lione a impedire che il secondo Concilio di Lione sopprimesse l’ordine da lui fondato. Dopo essere riuscito a salvare la congregazione, Pietro tornò in Italia e nei vent’anni successivi la sua vita eremitica proseguì. Quando intorno agli ottantacinque anni il sacerdote fu pronto ad accogliere la morte, successe qualcosa di inatteso: dopo due anni e mezzo di discussioni il Conclave decise all’unanimità di incoronarlo Papa.

I motivi che portarono il Conclave a scegliere come pontefice un frate eremita che non aveva nulla a che fare con la Santa Sede non sono mai stati chiari. Tre vescovi gli portarono la notizia nella grotta tra i monti della Maiella in cui risiedeva, e inizialmente Pietro rifiutò, non sentendosi in grado di sostenere una responsabilità del genere. Sotto le pressioni del Conclave, Pietro si convinse poi ad accettare e il 29 agosto del 1294 venne incoronato Papa con il nome di Celestino V.

Ma il suo pontificato durò solo quattro mesi, periodo in cui lasciò la maggior parte delle sue decisioni al re Carlo d’Angiò, affidandosi completamente a lui. Uno dei suoi primi atti da pontefice fu l’istituzione di un prototipo del Giubileo (che sarebbe nato sei anni dopo), la Perdonanza, una celebrazione religiosa che si svolse a L’Aquila.

In quei quattro mesi Celestino si ritirò spesso a pregare e meditare in una stanza della sua residenza al Maschio Angioino, meditazioni che probabilmente acuirono i suoi dubbi iniziali, fino a portarlo alla decisione di abdicare. Durante un Concistoro, il 13 dicembre 1294 Celestino V lesse queste parole:

«Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umilità e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta.»

Undici giorni dopo le sue dimissioni il cardinale Benedetto Caetano venne eletto Papa, con il nome di Bonifacio VIII. Insieme a Carlo d’Angiò ordinò la cattura di Celestino, che venne fermato sul Gargano mentre stava cercando di andare in Grecia e portato nel carcere di Fumone, in Ciociaria. Dove, a causa delle condizioni della prigionia, morì il 19 maggio 1296. Nonostante sia stato in parte artefice della sua morte, Bonifacio VIII portò il lutto e celebrò la messa per lui, avviandone poi il processo di canonizzazione.

La salma di Celestino fu sepolta a Ferentino, in provincia di Frosinone, e poi spostata a L’Aquila nel 1317. Nel 1988 fu rubata e ritrovata due giorni dopo e, l’anno scorso, la teca in cui era riposta venne seppellita a causa del terremoto. I Vigili del Fuoco, insieme a Protezione Civile e Guardia di Finanza, si occuparono di recuperarla.

«Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.»

È il noto passaggio del terzo canto dell’Inferno di Dante, in cui lo scrittore riconosce tra gli ignavi (quelli che «visser sanza ‘nfamia e sanza lodo») un personaggio celebre per un “gran rifiuto”. L’identificazione del personaggio è controversa, ma la maggioranza degli storici e dei commentatori è d’accordo con l’idea che si tratti proprio di Celestino V, reo di aver abdicato e di essersi sottratto alle sue responsabilità.