Ma l’ICE bucket challenge ha aiutato veramente per la SLA ?

L’articolo pubblicato sul Post il 28 luglio scorso titolava “L’Ice Bucket Challenge ha funzionato”

E’ vero ?

Si, soprattutto ma negli USA, ma in Italia non esattamente.

L’Ice Bucket Challenge (le secchiate ghiacciate) è una campagna virale nata negli USA dove hanno organizzato un sistema di raccolta di donazioni che sono state destinate per la grande maggioranza alla ricerca ed anche, nello specifico, alla ricerca che ha portato alla individuazione del NEK1, il gene cui si riferisce l’articolo pubblicato qualche giorno fa .

Bisogna notare che in questa ricerca l’Italia ha svolto un ruolo di assoluta rilevanza: molti centri di ricerca vi hanno partecipato e, soprattutto, sono dell’Istituto Auxologico di Milano la prima firma della ricerca e l’ultima (un modo della comunita’ scientifica per riconoscere la rilevanza in una ricerca).

Anche in Italia sono stati raccolti fondi con l’Ice Bucket Challenge, da parte dall’AISLA (associazione che si occupa dei pazienti malati di SLA). Per precisione, quindi, i soldi raccolti in Italia sono stati destinati perlopiù ad iniziative a favore ed a sostegno dei pazienti, non a finanziare questa ricerca.

Una parte dei finanziamenti raccolti in USA e destinati alla ricerca (anche quella che ha portato alla individuazione del NEK1) hanno invece contribuito indirettamente al lavoro fatto dai centri di ricerca italiani.

In sintesi, l’Ice Bucket Challenge sta giovando ai pazienti, e ciò è molto positivo.

Per quanto riguarda il NEK1, i centri di ricerca italiani purtroppo non ne hanno tratto i benefici che hanno avuto i loro omologhi nel mondo.

Stefano Quintarelli

Imprenditore, manager infobulimico, attento al rapporto internet-società; sempre curioso! http:// blog.quintarelli.it