Una nuova norma contro l’hate speech online?

La collega On. Alessandra Moretti scrive una lettera al Corriere della Sera nella quale leggiamo

È dunque maturo il tempo per dotarsi di strumenti che ridistribuiscano il diritto a esistere e a fare opinione sul web: sono la promotrice di una proposta di legge sull’hate speech (incitazione all’odio) in rete, firmata dal capogruppo del Pd e da un sostanzioso numero di giovani deputati under 35.

Mi pare che il concetto implicito nella frase sia “è firmata da giovani, quindi è giusta perchè conoscono Internet”, altrimenti non riesco a capire questa puntualizzazione sugli under 35.

Ma servono nuove norme? Siamo in un “far web”, come fu definito – sbagliando –  tre anni fa dall’allora presidente dell’AGCOM Dott. Calabrò?

Troviamo infatti che ci sia una doppia morale sul web: si è fin troppo tutelati contro le diffamazioni sui giornali online e per nulla in quella terra di nessuno che sono i «social».

La verità è che le norme esistono già, ed anche gli strumenti per applicarle. Non esiste un far web.

Credo che reiterare affermazioni del tipo “servono leggi” sia controproducente, perchè inducono a ritenere erroneamente che, pertanto, non esistano leggi,  che tutto sia ammesso.

Si dovrebbe invece dire, più correttamente, “si devono applicare le leggi esistenti”

Certamente “uomo morde cane” fa notizia così come “oltraggi e minacce a tizio, su internet”.
Fa meno (o per nulla) notizia il fatto che un responsabile sia preso e condannato, cosa che sale all’onore delle cronache raramente, solo in casi eccezionali.

Occorre una norma per condannare i responsabili di insulti e minacce sul web? Per farsi un’idea basta leggere questo articolo che racconta di una condanna per direttissima ad una sanzione di 13.000 euro e una condanna a 13 mesi.

Occorrono nuovi strumenti per scoprire i responsabili di reati onlilne? Per farsi un’idea basta leggere questo articolo che racconta degli arresti di un gruppo dei più bravi cracker italiani, esperti di sistemi informatici e dell’occultamento delle proprie tracce (un utente “normale”, di quelli che si abbandonano a ingiurie ed invettive su Facebook lascia una scia di puntatori alla propria identità e posizione per ottenere le quali, spesso, alle forze dell’ordine bastano due-tre richieste).

Occorrono norme più severe contro alcuni tipi di reati, per assicurare che le forze dell’ordine perseguano tali reati? Per farsi un’idea basta leggere questo articolo di Gramellini (che lascia un sorriso amaro) circa il doppio trattamento di due identici casi di furto.

Occorre che i provider inizino un processo di responsabilizzazione dei contenuti, affinché la rete resti luogo di dibattito libero e democratico e non spazio per dare sfogo anche alle peggiori frustrazioni e agli istinti più bassi.

Allora il problema è che le leggi non vengono applicate, i reati perseguiti, e quindi è opportuno delegare i Provider a fare i poliziotti della rete?

Credo che le brevi citazioni sopra dimostrino con chiarezza che le norme esistono e che si possa intuire come i provider si adoperino già in modo molto collaborativo con le forze dell’ordine. Glielo posso assicurare personalmente, da ex Presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider.

Certamente l’educazione è essenziale, ad iniziare dalla scuola. Spiegare alle persone che devono essere cittadini responsabili online come lo sono offline è anche parte delle pratiche di Impara Digitale, il centro studi che diffonde nelle scuole italiane metodologie didattiche con strumenti tecnologici.

Ma serve anche sui mezzi di informazione generale, e serve portare a conoscenza delle persone che le leggi esistono e le sanzioni anche. Una scena di una fiction con una persona chiamata a rispondere di un suo delitto, avrebbe un grande effetto educativo.

In definitiva, credo che la collega On. Moretti sia stata molto mal consigliata.

Sono certo che lei, come me, non vorrebbe vivere in un paese dove il vaglio del sottile confine tra libertà di espressione e delitto sia lasciata alla discrezionalità di soggetti privati che operino per le vie brevi.

Se non altro, perchè sarebbe contrario alle norme europee.

Stefano Quintarelli

Imprenditore, manager infobulimico, attento al rapporto internet-società; sempre curioso! http:// blog.quintarelli.it