La fuga di Hillary Clinton

Non che abbia convinto granché la performance professionale lungo il biennio fin qui trascorso da Hillary Clinton al segretariato di Stato. Preceduta da monumentale rispetto e da notevoli dosi di sottomissione, Hillary ha quasi sempre improntato le sue apparizioni alla volatilità – un’occhiata, qualche promessa, propositi d’intervento, pochi risultati – Territori Occupati in testa.

Come del resto quando, nei panni della first lady, fece presente al marito e all’America che lei non era alla Casa Bianca per cucire un quilt e che nella coppia quella vera era lei, e che si avviasse il suo progetto di riforma della Sanità nazionale per il quale sarebbe passata alla storia (naufragio fenomenale). Ma in queste ore, dopo la conciliazione con la condizionale che ha messo in scena col presidente Obama allorchè costui aveva avuto l’ardire di umiliarla alle primarie, di sbriciolare la sua macchina da guerra elettorale e gli attacchi cafoni rivoltigli da suo marito Bill, dopo che con degnazione aveva accettato di sedere nella terza poltrona della nazione, in queste ore Hillary Clinton ha nuovamente dato il peggio di sè, forse paragonabile alla volta che si autoprocurò una patente da contaballe, con la storia di lei che eroicamente scende in un aeroporto della ex-Jugoslavia sotto i colpi dei cecchini e poi i filmati fecero vedere i bambini coi mazzi di fiori che l’accoglievano sotto la scaletta dell’aereo.

(altro…)

Stefano Pistolini

Stefano Pistolini fa il giornalista e lo scrittore ed è autore radiotelevisivo. Collabora con Il Foglio.