Caro console americano

Non ci voleva la sfera di cristallo per immaginare che cosa avrebbero scritto i giornali di destra dopo la lettera che il console americano ha inviato ai propri connazionali. Il Giornale titola Allarme del consolato Usa: Italia insicura con la sinistra. Sul sito di Libero, ieri, fioccavano i commenti alla notizia, alcuni decisamente violenti (verbalmente, è ovvio). Anche quelli più moderati descrivevano comunque una città in mano a zingari e centri sociali con un aumento enorme della presenza di extracomunitari. Non è così, lo dicono i dati. Ma tant’è.

Quella della sicurezza è una questione spinosa, difficile, che si basa molto sulla percezione. Ed è un argomento ghiottissimo in campagna elettorale. Tutti noi, credo, potremmo parlare di episodi di microcriminalità di cui siamo stati vittime o a cui abbiamo assistito. Mi hanno rubato una moto e Pisapia governava da qualche mese. Ma uno scooter alla mia famiglia lo avevano rubato quando la Moratti era saldamente in sella. Per non parlare delle biciclette. Posso andare indietro ai tempi di Pillitteri, e poi Formentini, Albertini. La microcriminalità è democratica, se ne fotte di chi è il sindaco. Se ne fregava pure all’epoca delle fallimentari ronde della Lega. A Roma le parti sono invertite: è la sinistra che attacca Alemanno sulla sicurezza. E non mi risulta che a Milano con Moratti-De Corato le cose fossero molto diverse. Anzi, non lo erano proprio. I dati della Questura milanese dicono che anzi i reati in città sono diminuiti dell’8%. Aumentano i cosiddetti reati appropriativi: scippi e furti nelle abitazioni. È la crisi dicono. E vale per qualsiasi città, da chiunque sia amministrata.

Ci sono zone, a Milano come in qualsiasi altra città, dove la criminalità è presente, percepibile. Un cassegiato di via Montello, il numero 6, vicino a piazza Baiamonti, era in mano alla ‘ndrangheta. Ci hanno abitato le cosche per 30 anni, quando la storia iniziò c’era ancora Tognoli. Era il loro fortino, comandavano loro. Ci sono zone in periferia dover il problema della criminalità è forte, pesante. Ci vuole la polizia ma ci vogliono anche politiche di riqualificazione. Una città non può pensare solo ai boschi verticali, deve pensare alle proprie periferie. Proprio oggi sul Corriere della Sera c’è un reportage sul quartiere Mecenate: c’è scritto che da sei anni i reati in zona sono raddoppiati. Da sei anni, non da due.
Altre zone a Milano stanno cambiando ma forse solo come immagine. È il caso di Chinatown. Via Paolo Sarpi è diversa oggi rispetto a qualche anno fa. I negozi sono più belli, le insegne accattivanti. Però lo sai che nelle viuzze intorno ci sono ancora i laboratori dove lavorano giorno e notte come schiavi, ci sono i dormitori con gente ammassata e i finti centri massaggi.

Se poi scendiamo nel dettaglio della lettera che il console ha scritto ai propri connazionali, ci sono alcune cose che lasciano perplessi. In pratica si dice: «Attenti al parco Sempione». Be’, a dire la verità neanch’io girerei in piena notte al parco Sempione. Ma non girerei nemmeno a Villa Borgehse, a Central Park e al Bois de Boulogne. Se però al Parco Sempione ci vai di mattina ci incontri un sacco di gente che ci va a correre, assolutamente tranquilla. E in primavera, durante i fine settimana, il Sempione è uno dei posti più amati dalla famiglie milanesi. L’area dei bambini poi, il sabato e domenica, è affollata fino all’inverosimile. E per quanto possa sembrare incredibile c’è ancora gente, dopo 30 anni e passa, che si ferma ad ascoltare i bonghi, ogni domenica pomeriggio.
C’è anche, nella lettera del console, un invito a non dare il proprio indirizzo agli sconosciuti. Ci mancherebbe altro, ma perché dovremmo darglielo, sia io, sia voi, sia gli americani il nostro indirizzo agli sconosciuti?

Oggi il console americano di Milano ridimensiona. Non si aspettava probabilmente che della sua lettera venisse fatto un uso politico. Durerà lo spazio di qualche giorno di campagna elettorale. Forse anche meno. Non abbiamo la sfera di cristallo ma già sappiamo che da domani o da mercoledì, alcuni giornali titoleranno sul festival di Sanremo che sembra la Festa dell’Unità (ma mancano le salamelle) e sulla coppia gay che salirà sul palco dell’Ariston.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.