Che bello festeggiare sabato sera

Ho festeggiato sabato sera, stappato e brindato. Se fossi stato a Roma sarei anche andato in strada probabilmente. E come me tanti. Abbiamo applaudito davanti alla Tv, alzato le mani al cielo, riso, cantato “Tutti a casa alè” imparata allo stadio. Siamo stati goliardi, infantili. Ben sapendo che il giorno dopo ci avrebbero sgridato tutti, telegiornali, siti, editoriali. E vabbè, sgridateci pure. Non vedevano l’ora in tanti, sui giornali, di tirare fuori la storia del 30 aprile 1993, la sera del Raphael, del lancio delle monetine, o dei rubli, come scrive qualcuno anche sul Post. Non ero a Roma nemmeno allora ma sono ragionevolmente convinto che se fossi stato lì sarei andato davanti al Raphael, tra i lanciatori di rubli. Me ne sarei pentito mesi o anni dopo? Probabile. Però.

Però allora “a Milano non si muove foglia che Craxi non voglia”. Ma che ve lo dico a fare? Mettevano tangenti su tutto, anche sui cimiteri, anche sui funerali. C’erano mazzette per ogni metro della metropolitana, per ogni centimetro. Non c’era appalto che venisse assegnato in maniera pulita. E la Baggina, il Pio Albergo Trivulzio? Era un disastro ignobile, con gli anziani abbandonati nei corridoi. Però chi lo gestiva venne beccato mentre buttava i soldi delle mazzette nel cesso. Il suo capo disse che era solo “un mariuolo” e sdegnosamente fece capire che sapeva a mala pena chi era. Davvero per trovare lavoro dovevi conoscere un socialista. E i parenti? E i parenti dei parenti? Mai si era vista tanta arroganza di potere ostentata. Vennero poi i manettari e i cappi in Parlamento, roba brutta. Ma che continuo a credere c’entrino poco con quella protesta rabbiosa davanti al Raphael.

Era il 1993, tutta un’altra storia e un altro mondo. Ciò che è successo sabato sera è un’altra cosa. È stata mezz’ora di gioiosa ubriacatura dopo anni di mattonate in faccia alla dignità, alla verità, a quel minimo di giustizia ed equità che dovrebbe regolare qualsiasi rapporto tra governante e governati (e poi ci aveva anche dato dei coglioni, un giorno).
E lo sappiamo bene che verranno tempi cupi, che è dura, che non ci sono state elezioni vinte o perse. Va bene, sgridateci, magari metteteci in castigo. Sì è vero, dobbiamo riconciliarci, scurdammoce o’passato. Però sabato sera abbiamo festeggiato, lo rifarei anche domani. E di quei brindisi non credo che mi pentirò.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.