Di cosa hanno bisogno il PD e la Leopolda

In una direzione democratica molto meno conflittuale di come l’avevano preannunciata i media, il tema dello stato di salute del Pd è stato legato da diversi dirigenti della minoranza alla convocazione della nuova Leopolda. Come se ci fosse una contraddizione, tra l’essere Renzi segretario, premier e anche regista della sua tradizionale convention. E come se ci fosse una contrapposizione, tra la platea permeabile e trasversale della ex stazione fiorentina e il popolo dei circoli del Pd, con una preferenza renziana per il primo ambito mentre il secondo va in sofferenza.

In realtà, a Renzi la questione andrebbe posta in termini diversi. Forse più impegnativi per lui. Perché è vero che Leopolda e circoli Pd sono due mondi non sovrapponibili, ma è anche vero che hanno ormai in comune un leader e gli pongono entrambi la medesima sfida: quella del coinvolgimento reale nella battaglia. Non nella veste di tifosi o di (tele)spettatori, bensì nella veste di soggetto collettivo forte, convinto, mobilitato e mobilitabile nel conflitto sociale e politico che sempre più accompagnerà il percorso delle riforme.

L’analisi dello stato del paese proposta dal segretario alla direzione partiva dalle piazze degli ultimi giorni. Fermenti di natura e con obiettivi diversi, alcuni dei quali smaccatamente reazionari. Fuori dal Pd, nello scioglimento del centrodestra conosciuto fin qui, si agitano pulsioni d’ogni genere rispetto alle quali Renzi avverte il bisogno di una risposta democratica. Per la quale servono la trasversalità e la libertà della Leopolda insieme all’identità e alla capacità di tenuta del popolo Pd.

Il fatto è che la diversità democratica rispetto agli umori che agitano le piazze è data dalla percezione di ciascuno di essere importante. Renzi, con la straordinaria e irrinunciabile potenza politica e comunicativa che emana, dovrebbe preoccuparsi di non fare da tappo o da surrogato rispetto alle energie del suo mondo, o dei suoi mondi se vogliamo rispettare le differenze tra Leopolda e partito.
Renzi sta realizzando un capolavoro nello stabilizzare il Pd al centro della vita nazionale, abbattendo le barriere e attraendo elettori e personale politico da ogni parte. La sua condanna è non poter rimanere fermo, e l’attività di governo non gli basterà: deve dare a tutte queste persone, volti nuovi o antichi, la possibilità di identificarsi in una storia collettiva, non nell’avventura di un uomo e di un gruppo.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.