Il doppio fronte di Renzi sulla giustizia

Lo scontro verbale tra Matteo Renzi e il sindacato dei magistrati è già diventato spiacevole, la cosa peggiore sarebbe mettere altro tempo in mezzo prima di confrontarsi tutti, davanti ai cittadini, sulle cose concrete che il governo propone, sulle quali il parlamento dovrà votare, e che in questo momento sono contrastate – con argomenti opposti – dalla magistratura e dall’avvocatura.
Renzi fa il rompighiaccio, comunica con la solita efficacia l’insofferenza generalizzata nel paese nei confronti delle resistenze corporative, Andrea Orlando tiene i contatti, media, cerca di ricomporre le fratture: ieri, mentre i togati eletti nel Csm gridavano all’onore ferito dei colleghi accusati di poca voglia di lavorare, il ministro incontrava i vertici dell’Anm.

I magistrati hanno un punto debole: non si sono opposti, anzi, finché il governo lavorava sui testi delle riforme più importanti, quelle che toccano i nervi scoperti dell’opinione pubblica o le attese di tanti cittadini. Ripristino del falso in bilancio, reato di autoriciclaggio, nuova durata della prescrizione, nuovi istituti del processo civile, perfino la responsabilità civile dei giudicanti: tutte misure che le toghe più o meno accettavano.
Poi è arrivato il decreto per lo smaltimento dell’arretrato, con dentro la famosa riduzione delle ferie, ed è esplosa la protesta. Estesa, a quel punto, a tutte le proposte del governo, comprese quelle già digerite.
Questo modo di muoversi e di reagire sembra fatto apposta per provocare Renzi e incoraggiarlo a colpire più duro possibile. Contrastarlo con un argomento tanto impopolare, in considerazione dello stato drammatico della giustizia italiana, è davvero un autogol.
Anche il governo però ha un lato debole, perché ha dovuto mettere il grosso della riforma della giustizia in ben sei disegni di legge affidati (prima ancora che all’iter parlamentare, neanche avviato) ai “ritocchi” richiesti da Alfano e ispirati dalla sua particolarissima esperienza politico-ministeriale.

Per piegare la resistenza togata, a Renzi conviene essere con i suoi alleati di governo altrettanto energico di com’è con l’Anm. A quel punto tutte le buone ragioni saranno dalla parte sua, e dalla parte di chi vorrebbe chiudere questa guerra dei vent’anni col riconoscimento dell’indipendenza dei magistrati ma anche della piena autonomia della politica rispetto alle pressioni loro e di qualsiasi altro potere.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.