Poi si potrà ricominciare a trattare

È stato il giorno dei muscoli e delle grida. Era inevitabile, al punto a cui si era arrivati. Tutti se ne rammaricano, ripetendosi l’ovvietà che «non si modifica così la Costituzione», frase magari un po’ paradossale quando viene pronunciata da chi a modificare la Costituzione non ci avrebbe mai neanche provato. O da commentatori che hanno costruito carriere su vibranti denunce della timidezza della politica nel fare le riforme.

In realtà, la forzatura decisa dai capigruppo di maggioranza insieme a Grasso era diventata un passaggio obbligato dopo l’indisponibilità delle opposizioni a ridurre quegli ottomila emendamenti che avrebbero trascinato la discussione fin oltre dicembre.

Come s’è capito benissimo, lo scontro di palazzo Madama non ha molto a che fare col tema del bicameralismo, mentre c’entra parecchio col tentativo di far abbassare la cresta a Matteo Renzi. Un confronto esclusivamente politico. Un intento che giustifica la saldatura tra forze eterogenee come quelle radunatesi davanti al Quirinale.

Se si coglie questo punto si capisce anche la risposta di Renzi, convinto di non poter dare segni di debolezza in questo momento, pena il venir giù di tutto l’edificio.

In generale, i problemi sono la conseguenza negativa di una situazione che precede l’arrivo di Renzi a palazzo Chigi e risale all’inizio della legislatura, ovvero la coincidenza tra mandato di governo e mandato per le riforme istituzionali: o il governo ci prova (e si arriva allo scontro), oppure non ci prova, e allora abbiamo lo stallo sperimentato finché c’era Letta.

Rimane il fatto che sulle modifiche alla Costituzione, pur non potendo tenere insieme tutti, è meglio allargare che escludere. Lo si è tentato finora, ci si è riusciti solo in parte, bisognerà ricominciare a tentare appena si sarà consumato il rito reciproco (e, ripetiamo, inevitabile) dell’esibizione muscolare. Questo anche per scaricare Napolitano dall’improprio onere di mediazione che gli finisce puntualmente sulle spalle.

I margini di recupero, come quasi sempre in politica, ci sono, tra Pd e Sel ma non solo. Vendola vorrà evitare di finire definitivamente confuso con gli sbandamenti tatticisti di Cinquestelle, e sa di non poter pretendere che il Pd rinunzi ai suoi paletti, in primis l’elezione indiretta dei senatori. Vedremo presto se, ristabilito il diritto della maggioranza ad andare avanti, si riaprirà una sana discussione sul merito.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.