Lasciate dormire la vecchia DC

Avete trovato fastidioso, assurdo, inappropriato, antistorico il dibattito sull’eredità di Enrico Berlinguer rivendicata da Beppe Grillo e dalle sue piazze? Bene, allora per favore lasciate anche la Dc a riposare nei libri di storia, e a proposito di ciò che sta diventando il Pd di Renzi fate qualche sforzo di immaginazione in più.
La supplica vale soprattutto per i commentatori, imitati da mediocri esponenti politici troppo giovani o troppo ignoranti per sapere di che cosa si sta parlando.

È vero, ed è l’unica concessione che si può fare al confronto storico, che dopo la Dc e il Pci l’Italia non ha più conosciuto un partito nazionale come pare (pare) possa diventare il Pd: forte in maniera omogenea in ogni area del paese, votato da gente di tutte le età e di tutti i ceti sociali, luogo di convergenza e mediazione di spinte ideali e di interessi materiali diversi.
Fare un passo oltre questa importante constatazione (proposta sull’Unità anche da Alfredo Reichlin, cioè da chi se ne intende) rischia però di diventa stucchevole.

Nei casi migliori, insistere troppo sul paragone conferma la pigrizia degli intellettuali italiani, sempre lesti a convergere su gustosi luoghi comuni da rimasticare fino a farne poltiglia.
Nei casi peggiori, accompagna la più banale caricatura disegnata intorno a Renzi e al Pd: il giovane ex dc che s’impossessa di un partito moderato, senza nerbo, interprete di un pensiero e di politiche sostanzialmente di destra.
È incredibile – e va a danno dei commentatori, non del Pd né di Renzi – che ci si debba inchiodare al passato remoto, e che non si riesca a elaborare interpretazioni più contemporanee. Magari leggendo due o tre libri, quattro documenti di think tank, roba che si scrive dappertutto in Occidente intorno alle nuove radicalità e alle faglie di conflitto nella politica post-ideologica, e dando un’occhiata alle posizioni del Pd su questi temi.

Un giovane passatista ha scritto che il 40 per cento di Renzi scioglie i dubbi sul quesito se il Pd sia ancora «di sinistra»: la risposta per lui è ovviamente no. Perché (si intuisce) la sinistra oltre una certa soglia di consenso popolare non può più essere tale. Col che surclassiamo la già nota (e praticata) vocazione minoritaria: siamo al puro autolesionismo. Un vizio in effetti sconosciuto sia ai vecchi democristiani che al giovane Renzi. E dal quale finalmente si va emancipando anche la sinistra, intendo dire il Pd.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.