Il difficile compromesso sulla legge elettorale

Vedendo che i partiti si accordano per dare un nuovo sistema elettorale alla camera lasciandone il senato praticamente privo, il primo impulso sarebbe di ricorrere a una nota battuta di Matteo Renzi. «Chiamate l’ambulanza». E se uno dovesse sospettare che, invece della «rivoluzione» annunciata, il parlamento si preoccupa innanzi tutto di garantire se stesso rendendo impossibili le elezioni a tempo indeterminato, di nuovo dovrebbe ricorrere al repertorio renziano: «Per questi ci vuole il TSO».
Noi resistiamo all’impulso. Dunque non invochiamo il trattamento sanitario obbligatorio per politici che faticano intorno a difficili compromessi. Non mandiamo ambulanze a prelevare un presidente del consiglio che, per tenere in piedi una coalizione ereditata e una maggioranza parlamentare infida, si adatta alle mediazioni possibili. E cerchiamo di capire se nell’accordo annunciato ieri prevalgano gli aspetti negativi o quelli positivi.

Come su tutte le altre grandi cose che ha promesso di fare per l’Italia qui e adesso, anche sulle riforme istituzionali Matteo Renzi merita di essere giudicato sui risultati. È evidente che in questo campo c’è una contraddizione fra l’impostazione di prima e di dopo l’ascesa a palazzo Chigi. Nessuno scandalo: la flessibilità in politica è importante quanto la coerenza. I delusi possono pensare che se ne va oggi un altro pezzetto del Matteo Renzi che fu (scortato dalla soddisfazione di Quagliariello e dall’emendamento di D’Attorre: i renziani dovranno abituarsi a essere meno sarcastici con questi compagni di viaggio). Gli ottimisti possono rimarcare, con buone ragioni, che la riforma elettorale che era chimera due mesi fa sarà legge approvata dalla camera già dopodomani.

Il fatto è che approvare l’Italicum solo per Montecitorio appare l’unica possibilità, a questo punto. È il solito discorso delle aspettative che si generano: la promessa ai cittadini di restituire loro subito il potere di scelta s’è rivelata eccessiva rispetto alle compatibilità del quadro politico. Ora le elezioni diventano tecnicamente impossibili (confermando il sospetto che neanche Berlusconi le volesse), con implicazioni giuridiche che andranno valutate dal Quirinale. Renzi deve rinunciare alla pistola carica del ricorso alle urne in caso di veti. E tutta la sua credibilità, oltre che sulle drammatiche domande del paese, si giocherà da adesso nel lungo infido percorso della riforma costituzionale del bicameralismo: ce la dovesse fare, sarebbe una vittoria ancor più grande, contro ogni probabilità.
Ci vuole tanto ottimismo per credere nel lieto fine. Ce lo iniettiamo a forza.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.