La battaglia di Napolitano sulle carceri

Le reazioni che si scatenano quando si parla di carceri e di misure eccezionali per svuotarle sono un termometro perfetto, di solito infallibile.
Istantaneamente da una parte si collocano i militanti di una società feroce, rancorosi con la mente offuscata dalla paura e dalla diffidenza. E dall’altra parte tutti gli altri: non necessariamente d’accordo fra loro, molti preoccupati di tener ferme le ragioni dell’umanità con quelle della certezza della pena, ma accomunati dalla consapevolezza di uno scandalo senza limiti di tempo né di legislatura, di una vergogna italiana che affiora e scompare nei media ma affligge ogni giorno e ogni notte decine di migliaia di colpevoli e innocenti.

Ricordo Giorgio Napolitano davanti a Regina Coeli accanto a Marco Pannella, sotto la pioggia di una marcia di Natale per l’amnistia e l’indulto.
Era il 25 dicembre 2005. Napolitano non era presidente della repubblica, Berlusconi non aveva subìto alcuna condanna, le carceri scoppiavano come sempre, i radicali si battevano come sempre e di lì a pochi mesi un indulto ci sarebbe anche stato: votato da tutti, rinnegato dal centrodestra per motivi di propaganda, appiccicato al centrosinistra come un marchio d’infamia, alla lunga una delle ragioni della fine del governo Prodi.
Una storia di otto anni fa. E allora che cosa c’entra la sentenza Mediaset? E che cosa c’entra la salvezza di Berlusconi, uno che oltre tutto in carcere non metterà mai piede, se come è evidente e come detta la legge il parlamento avrà ogni possibilità di escludere reati come il suo – e altri più gravi – da qualsiasi atto di clemenza?

Napolitano è stato esplicitamente accusato da Berlusconi di aver cospirato per fregarlo e farlo fuori dalla scena politica: paranoie di un disperato che però dicono molto sulla presunta compromissione del capo dello stato. Il quale, in compenso, crede profondamente e da tempo nell’«imperativo morale» che ha indirizzato alla camere. Dunque ha il diritto di offendersi e di reagire, quando gente inselvatichita gli ruggisce contro.
Cinquestelle e Lega nord: quando vengono in campo i fondamentali della civiltà e dell’umanità i simili si pigliano, e del resto l’abbiamo già visto sull’immigrazione. In questa stagione politica la battaglia per l’amnistia sarà particolarmente dura, difficile, andrà gestita con accortezza. Ma senza dubbio dalla parte della giustizia, e di Napolitano.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.