Non regaliamo (tutta) la Rai a Berlusconi

Va bene rinnovare i gruppi parlamentari, va bene ringiovanire i quadri dirigenti, va bene cedere spazio e potere alle donne e agli uomini della società civile. Ma per favore non giochiamo con le cose serie, e cerchiamo di non essere naif su temi decisivi del confronto politico quando sul fronte opposto si schiera un battaglione di professionisti.

Parliamo della Rai, della tv e delle scelte sulla composizione della commissione di vigilanza. Tradizionalmente, da vent’anni a questa parte, l’arena centrale delle offensive e delle controffensive di Berlusconi nel campo per lui più decisivo e delicato, nella piena consapevolezza del ruolo cruciale che comunque la televisione continua a rivestire nella formazione e nell’informazione dell’opinione pubblica.
Già il centrosinistra ha disarmato abbastanza, rinunciando alla militarizzazione delle nomine a livello aziendale. La decisione di Bersani di lasciare ai “segnalati” della società civile i posti secondo prassi spettanti al Pd nel consiglio d’amministrazione di viale Mazzini è stata nobile, apprezzabile.

Non che la Rai ne abbia tratto un evidente giovamento, purtroppo. Colombo e Tobagi si sono giustamente mossi in totale autonomia, estranei a qualsiasi logica politica. Siccome però gli altri loro colleghi non l’hanno fatto, il risultato di questa scelta è una palese leggerezza. Il distacco dalle dinamiche più aspre della gestione aziendale. L’assenza – ieri peraltro rivendicata – dai luoghi formali e sostanziali nei quali si formano le decisioni che riguardano la Rai.
Berlusconi non è altrettanto sportivo. Ha quella certa tendenza a guardare al sodo, a puntare al risultato senza curarsi troppo della forma. Tendenza fastidiosa, va detto. Ma utile per lui, anzi vitale quando si profilano appuntamenti elettorali e ci sono da ridistribuire i poteri interni al servizio pubblico, per condizionarne gli orientamenti informativi. Sicché già adesso, nonostante il ridimensionamento politico e di consensi che ha subìto, Berlusconi controlla la maggioranza nel cda Rai.

A questo punto sarebbe da pazzi regalargli anche il vantaggio di una commissione parlamentare di vigilanza sbilanciata fra mastini capaci di tutto (Romani, Gasparri, Bonaiuti, Minzolini) ed esordienti allo sbaraglio democratici, grillini e vendoliani.
Nomi di peso e d’esperienza il Pd ne ha, a cominciare da quello di Paolo Gentiloni: sarebbe il caso di metterli in campo. Speriamo che Epifani non voglia portare troppo in là la signorilità del suo predecessore.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.