Ora ci vuole coraggio

Dicono: per il Quirinale fate una scelta coraggiosa. Una persona fuori dai giochi. Un nome a sorpresa. Uno estraneo alla politica, al Palazzo. E figurarsi, la lista dei candidati di Cinquestelle è un florilegio di personalità del genere, a cominciare dalla più votata, Milena Gabanelli.
Incalzati e forse imbarazzati da questa pressione, i dirigenti del Pd sembrano incerti sulla strada da imboccare domani mattina. Si fanno problemi che sicuramente né Berlusconi né Monti debbono porsi. Perché probabilmente ha ragione Marco Travaglio: se il centrosinistra adottasse nella selezione dei candidati lo stesso assurdo sistema di Cinquestelle, dopo la cattiva pedagogia fatta a sinistra in questi anni non uscirebbero nomi molto diversi da quelli delle Quirinarie.

In realtà, il metodo Grillo è il più facile e deresponsabilizzante. L’opposto esatto del coraggio. Appena una piccola variante, poco più astuta ed efficace, rispetto all’atteggiamento tenuto sul governo. Sparare nomi di varia popolarità ma di nessuna effettiva chance e trincerarsi dietro di essi, sfidando Pdl e Pd a concludere in una segreta stanza il famoso inciucio.
Nel voto per il Quirinale le estreme minoranze parlamentari si sono sempre schierate su candidati di bandiera. Non è questo il problema. La differenza sta nella pretesa di subordinare collaborazioni politiche all’accettazione supina delle dubbie volontà di un corpo elettorale virtuale, sconosciuto, statisticamente irrilevante.

Di questi tempi, coraggio sarebbe tutt’altro.
Coraggio sarebbe dire ad alta voce che il presidente della repubblica non può farlo chiunque, avesse pure un curriculum strapieno di benemerenze.
Rivendicare il fatto che in quella posizione ci vogliono persone di esperienza politica, forte credibilità internazionale, professionalità, capacità di relazione e di mediazione, conoscenza della legge e della macchina dello Stato.
Affermare che il simbolo dell’unità nazionale non può essere eletto a dispetto di mezzo parlamento.
Incrociando questi fattori – gli unici che rimarranno validi per sette anni, oltre le mode e le variabilità dell’auditel – non sono decine i candidati possibili. Si contano sulle dita di una mano sola. Qui non serve fantasia, ci vuole solo la forza di sfidare gli umori più facili e mettere in sicurezza la carica più importante della Repubblica. Coraggio, su.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.