Il lato debole di Monti

Entrati nel vivo della campagna elettorale si rende evidente un lato debole del candidato Mario Monti. Non che non lo si intuisse, ma l’intensa esposizione mediatica esaspera certi particolari.

L’abbiamo visto ieri in tv alle prese con l’irrigidita lettura di un testo scritto (perché rigorosamente concordato) sul tema delle coppie gay. Una scena poco convincente. Altrettanto poco convincente, ma più sincero, era stato l’annuncio fatto al momento di presentare la coalizione di centro: fra di noi l’intesa riguarda solo le materie economiche, temi come i diritti civili saranno consegnati al parlamento.
Una posizione bizzarra per liste che si candidano appunto al parlamento. E infatti non ha retto alle prime prove della campagna, trasformandosi in quella stringata esposizione di una linea (avversa ai matrimoni e alle adozioni gay) che non discuto nel merito ma che sospetto Monti non saprebbe discutere in un contradditorio serrato.

Il fatto è che Monti è impeccabile sulle questioni della costruzione europea ed è un punto di riferimento internazionale sui temi economici. Poi ha sicuramente le sue idee su qualsiasi altro argomento, come chiunque altro. Come chiunque altro, appunto: non come dovrebbe averle, proporle e difenderle un leader (politico) capace di operare su più dimensioni.
Non abbiamo né desiderio né nostalgia di onniscenti al potere. Anzi, il senso del limite personale è una grande qualità (non crediamo la più sviluppata nel senatore Monti). Il problema non è questo. Il problema è che l’emergenza italiana è molto sfaccettata, con evidenti risvolti anche sul lato dei diritti. Per esempio, a fatica, il centrosinistra (Vendola compreso) ha trovato una linea precisa sulle unioni civili: gli eletti di Scelta civica quale… scelta civica faranno?

Questa considerazione critica rende ancora più importante la notizia del patto Bersani-Monti che, almeno cronologicamente, disegna un’intesa preelettorale anche con l’obiettivo di sdrammatizzare la corsa democratica alla conquista dei premi di maggioranza regionali. Non c’è solo lo sciogliersi di una tensione che non aveva senso. C’è evidentemente anche la presa d’atto di una reciproca compatibilità al di là dei temi economici.
In attesa di verificare se sarà vera intesa, il Pd incassa il risultato del riconoscimento della centralità politica alla quale solo un vero partito può aspirare. Un partito a più dimensioni.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.