Non c’è ancora una destra montiana

Certo che non ci piacerebbe vedere Mario Monti candidato contro Bersani alla guida di una coalizione che va da La Russa a Bonanni, da Brunetta a Olivero, da Montezemolo alla Santanché, sotto la regia di Silvio Berlusconi.
Non ci piacerebbe, crediamo che piacerebbe poco anche al professor Monti, e siamo sicuri che molte cose possono accadere, ma questa mostruosità non diventerà proposta elettorale.

Il saldo della giornata di ieri non è la magica soluzione dei dilemmi del Pdl, con Merkel che installa Monti alla testa della vetusta destra italiana capovolgendone magicamente gli umori populisti in austero rigorismo europeista. No, è successa un’altra cosa. È successo che il Ppe ha definitivamente retrocesso il berlusconismo a fenomeno deteriore, affermando che per loro l’Italia dovrà continuare sulla linea attuale, con un ruolo di leadership per Monti. In fondo una cosa analoga l’ha detta anche Hollande, ed è logico: nessuno vuole vedere l’Italia sfuggire dalle responsabilità che ha cominciato ad assumersi. E nessuno in Europa vuole fare a meno del carisma che Monti s’è conquistato.

Per cui ieri Monti non è diventato il capo della destra italiana. Potrà prendere una parte, sì, e cominciamo a credere che lo farà. Non da erede di Berlusconi però. C’è in questa constatazione il sollievo di chi ha sostenuto gli sforzi del premier da posizioni democratiche; ma anche la speranza di chi non vorrebbe veder bruciato un patrimonio di credibilità costruito anche sulla coerenza, sulla lealtà, sulla serietà personale di un leader che, dovesse per assurdo cedere alle lusinghe, sceglierebbe davvero una compagnia male assortita per il proprio battesimo elettorale.

Detto questo, occorre riconoscere che ieri l’Italia si è trovata catapultata in una dimensione politica che, sparito Berlusconi dalla scena, è assai desiderabile. E alla quale il sistema deve tendere: due coalizioni riformiste ed europeiste, leader non estremisti, soluzioni politiche e di governo alternative ma non visioni del mondo inconciliabili. Queste sono le dinamiche politiche, anche accese, in tutti i paesi occidentali.

Il Pd è pronto per un assetto del genere. Anche adesso. Perché è nato per questo, in una dimensione europea che il centrodestra fin qui non ha mai avuto. Prima l’Italia ci arriva, meglio è. Che accada nei prossimi quarantacinque giorni, ammetterete, è un po’ improbabile.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.