L’opposto dell’Aventino

Voltare le spalle, anche fisicamente, a questo governo. Lasciare Berlusconi solo, a declamare la terza edizione di un discorso programmatico che tre anni fa in apertura di legislatura suonò sorprendente e perfino promettente, e oggi suona vuoto, insultante, un’umiliazione per chi lo pronuncerà, per chi lo applaudirà senza credere a una sola parola, e per chi dovrebbe essere costretto ad ascoltarlo come fosse un serio passaggio politico in un parlamento serio. Cosa che non è.

Allora ottima scelta andarsene dall’aula di Montecitorio. Ottimo farlo tutti insieme, le opposizioni che sono già nei fatti e nella sostanza un’ampia maggioranza del paese, e che speriamo siano e si sentano già pronte a governarlo sia quanto a idee che quanto a perimetro politico.

L’Aventino? Ma di quale Aventino parlano mezze figure come questo Reguzzoni, uno che gli stessi leghisti se ne liberebbero a calci se solo fossero quegli uomini liberi che dicono?
Qui è l’esatto contrario. È l’opposto dell’Aventino del ’24. Perché conosciamo quella storia. I deputati che seguirono Turati e gli altri nella secessione parlamentare erano destinati a ritrovarsi presto divisi, isolati, incapaci di affondare il colpo contro un regime allora in estrema difficoltà. E alla fine finirono loro per essere minoranza, oggetto estraneo in un paese che pure non era ancora fascistizzato. Oggi l’oggetto estraneo rispetto all’Italia è quel corpo di deputati nominati, rissosi, disorientati e spaventati che rimarrà ad ascoltare un capo nel quale non crede più, ma al quale deve rimanere aggrappato perché non può darsi un’alternativa, non concepibile nell’autocrazia berlusconiana.

La minoranza è la destra che rimane in aula: rappresentava una grande parte di popolo, aveva consenso e potere, la strada spianata per cambiare il paese come avesse voluto. Ha fallito, e nel modo più miserabile, per colpe sue che soverchiano assedi giudiziari, gossip intrusivi e crisi finanziarie. La maggioranza è quella che si allontana per un’ora per poi tornare e rimanere, ma comunque non saranno il Pd, Di Pietro o il Terzo polo, a girare le spalle a Berlusconi. È l’Italia che si gira e se ne va, se n’è già andata.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.