Metti un giorno a Cernobbio, cercando una bandiera europea per Van Rompuy

E quindi, come è questo workshop di Ambrosetti che ogni anno dal 1975 a settembre riempie i giornali? Mi faccio una domanda e mi do una risposta. Capitemi, sarà che l’ultima persona che ho visto stasera prima di lasciare Villa d’Este a Cernobbio, dopo dodici ore filate, è stato Marzullo. Gigi Marzullo. Erano quasi le otto e l’ho visto in fondo al corridoio principale del grand hotel, quello che collega la Sala Impero con la Sala delle Colonne. Aveva un abito blu chiaro, era l’unico nel raggio di un chilometro senza cravatta e con le scarpe da tennis. Praticamente sembrava uno scapigliatissimo turista dopo una escursione sul lago di Como in un giorno di vento. Stava lì mentre il senatore americano John McCain guadagnava l’uscita a passo di carica attorniato dai giornalisti trattenendo a stento l’indignazione per quel che sta capitando in Siria “mentre l’America non fa nulla”, e il ministro dell’Economia Vittorio Grilli si faceva largo con il trolley dopo aver fatto checkin con un sorriso infinito che non potevi non attribuire alle ultime mosse di Draghi e al calo dello spread.
Che ci fai tu qui a Cernobbio, Gigi? gli ho detto, salutandolo dopo una decina d’anni che non lo incontravo. “Un programma, registro un programma”. Qui in effetti è tutto un programma. In mezza giornata mi sono visto passare davanti mezzo mondo che conta. Si è parlato al massimo livello di economia, di finanza, di scienza, innovazione, internet, fede e delle elezioni americane. Il tutto con una organizzazione perfetta, scandita fra una sessione e l’altra da un cameriere in giacca bianca che andava in giro per il giardino suonando un gong per invitarci a tornare in sala: i giornalisti da una parte, gli ospiti dall’altra. Io come sapete quest’anno sto con gli ospiti, ovvero duecento amministratori delegati di grandi aziende italiane che hanno il privilegio di pagare un sacco di soldi per essere qui a prendere ripetizioni di attualità e che nell’istant poll; ma devo rispettare questa benedetta Chatham House Rule per cui uno può riportare le cose che si sono dette in sala ma senza attribuirle a nessuno. Diciamo subito che ho scoperto che ci sono delle scappatoie. Nouriel Roubini, che ha aperto la mattinata con una bellissima e devastante analisi della situazione economica internazionale, poi l’ha ripetuta in conferenza stampa. I giornalisti Gianni Riotta e Dario Di Vico, che stanno dentro come relatori, qualche cosa twittano e non sono i soli. Quanto a John McCain, Joe Lieberman e Lindsey Graham, i tre senatori americani, quelli sono praticamente in tournée, arrivavano dall’Iraq e andranno in Georgia, twittano come dei forsennati. Fra loro si chiamano “los tre amigos” e se una frase significativa te la sei persa, tranquillo che la twittano loro dopo.
Insomma, il senso di quel che avviene esce sempre. Qualche bella cosa però resta in quella sala. Le meravigliose parole che Shimon Peres ha usato per parlare di leadership, democrazia, diritti e rete. La presentazione scoppiettante di Roberto Cingolani sulle nanotecnologie che ti faceva sentire orgoglioso di essere italiano. La sorprendente bravura di Mauro Ferrari che a Houston ha creato una eccellenza mondiale per la cura dei tumori. E la evidente felicità di Tim Berners Lee che dopo essere stato protagonista delle cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Londra, era lì, a raccontare ai potenti perché il web ci cambia la vita e perché l’Italia è in ritardo: non è una opinione, ha creato un indice che lo misura e noi siamo solo al 23esimo posto nel mondo. Sveglia Italia!
Dicevo della organizzazione perfetta. Ieri è stata messa a dura prova quando lo staff di Herman Van Rompuy (il presidente del Consiglio europeo, che ha un profilo twitter niente male, con oltre 70 mila follower e aggiornamenti puntuali curati dal suo staff) ha fatto sapere che oggi sarà a Cernobbio non solo per partecipare al seminario a porte chiuse, ma per fare una dichiarazione congiunta con Mario Monti davanti ai giornalisti. Dov’è il problema? Il problema è che per una cosa così solenne servono due bandiere: una italiana e una europea. A villa d’Este non c’erano e la ricerca ha coinvolto più comuni lombardi prima di risolversi in serata.
E quindi, com’è questo Cernobbio? E’ il mondo in una stanza. Fuori il cielo sul lago era bellissimo. E’ ora di aprire qualche finestra, farà bene a tutti.

Riccardo Luna

Giornalista, sono stato il primo direttore dell'edizione italiana di Wired e il promotore della candidatura di Internet al Nobel per la Pace. Su Twitter sono @riccardowired Per segnalare storie di innovatori scrivetemi qui riccardoluna@ymail.com. La raccolta dei miei articoli per Wired è un social-ebook scaricabile da www.addeditore.it.