Perché Expo 2015 diventa un Open Expo (con l’aiuto di quattro grandi donne)

Abbiamo bisogno dell’Expo2015? È una occasione di innovazione e rilancio del Paese o solo il solito pretesto per spendere male soldi pubblici favorendo amici e loschi giri? Credo che se oggi facessimo un sondaggio posto in questo modo le risposte sarebbero nette e chiare. Del resto questo è un Paese che ha un pessimo record di grandi eventi e opere pubbliche e la diffidenza della gente non solo è comprensibile. È giustificata.
Eppoi quelli di Expo2015 negli anni scorsi ci hanno messo del loro riuscendo a collegare il progetto a tutte una serie di termini che compongono il peggio dell’immaginario politico: liti, appalti, espropri, infiltrazioni malavitose. Eppure abbiamo bisogno dell’Expo2015. Intanto perché abbiamo vinto l’assegnazione e quindi dobbiamo farlo. E poi perché si tratta dell’unica grande vetrina internazionale che abbiamo a disposizione in questo decennio dopo la rinuncia alla candidatura olimpica di Roma.

Ciò detto, le domande a questo punto sono tante: quale Italia metteremo in mostra? Quale messaggio saremo capaci di trasmettere del nostro Paese? In quale modo saremo capaci di declinare il tema dell’Expo, “Feeding the Planet”, costruendo un grande progetto mondiale legato alla alimentazione?

Fermiamoci alla prima questione: l’Italia da mettere in mostra: il buon cibo, il buon vivere, il benessere made in Italy. Okay. Ma credo che il messaggio più forte che si aspettano i cittadini italiani è che siamo capaci di realizzare un grande evento e delle opere pubbliche, senza rubare soldi pubblici, senza sperperarli e realizzando cose utili.

Per questo quando l’amministratore delegato di Expo2015 Giuseppe Sala mi ha offerto la possibilità di contribuire alla riuscita di questa impresa, la prima cosa che gli ho detto è che se vorrà avere successo Expo2015 dovrà avere l’intero paese unito al suo fianco e per ottenerlo dovrà essere un Open Expo. Con questa espressione sintetizzo il fatto che tutti i contratti, le consulenze e gli appalti dovranno essere su un sito in tempo reale a disposizione di tutti e lo stesso dovrà accadere per le opere pubbliche che stanno partendo a Milano. Non è solo una mossa politica visto quanto sta iniziando a fare il governo Monti pubblicando redditi e patrimoni di ministri e alti dirigenti. Non è solo un atto dovuto perché tanto si tratta di pubblicare dati che sono già pubblici e che chiunque potrò richiedere e magari pubblicare col titolo “Le spese folli dell’Expo”. No. La trasparenza assoluta è il presupposto per dire ai cittadini italiani: stiamo lavorando davvero per voi e non abbiamo nulla da nascondere. Di più: è uno strumento per aiutare chi gestisce Expo contro pressioni indebite della politica nelle assunzioni e eventuli infiltrazioni malavitose negli appalti.

Quando ho fatto questa proposta a Giuseppe Sala pensavo sinceramente che non sarebbe stata accolta. E invece non solo l’ha fatta propria ma l’ha presentata ufficialmente nella riunione dell’Innovation Advisory Board che martedì 6 marzo si è riunito a Roma ospite del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Quel giorno mi è stato detto che dell’Innovation Advisory Board sarò il coordinatore e che realizzare Open Expo adesso tocca a me. È una grande resposabilità ma è anche una grande occasione: se riusciremo a rendere Expo2015 una casa di vetro in poche settimane, non avremo soltanto fatto una mossa indispensabile per recuperare un po’ di simpatia e consenso nel paese, ma avremo costruito un precedente per la gestione dei soldi pubblici in occasione dei grandi eventi.

Post scriptum. Durante la prima riunione del board degli innovatori, lo scorso ottobre a Milano, io ero solo un ospite invitato ad assistere. In quell’occasione feci presenti che accanto ad una dozzina di innovatori uomini, qualche donna era doverosa. Martedì scorso al MIUR Sala ha annunciato l’ingresso nel board di quattro donne di grandissimo valore: le scienziate Ilaria Capua e Lucia Votano, l’economista Loretta Napoleoni e la presidente di Stati Generali dell’Innovazione Flavia Marzano. Molto meglio, con loro.

Riccardo Luna

Giornalista, sono stato il primo direttore dell'edizione italiana di Wired e il promotore della candidatura di Internet al Nobel per la Pace. Su Twitter sono @riccardowired Per segnalare storie di innovatori scrivetemi qui riccardoluna@ymail.com. La raccolta dei miei articoli per Wired è un social-ebook scaricabile da www.addeditore.it.