Il limite del ddl anticorruzione

Il Senato sta per approvare il famoso disegno di legge sull’anticorruzione. Un provvedimento, che poi tornerà all’esame della Camera, osteggiato da alcune forze politiche, ma su cui il Governo si è mostrato determinato, tanto da porvi la fiducia.

Ora, al di là delle sterili e strumentali polemiche politiche, un dato è fuori discussione. Dal punto di vista sostanziale, si tratta indubbiamente di una riforma necessaria. Nel nostro Paese si assiste al dilagare di diversi e mutevoli fenomeni corruttivi. Nuove forme di patti criminali che non trovano però sanzione nel codice penale e che impongono la formulazione di innovative fattispecie di reato. In particolare, il ddl anticorruzione contiene due tipologie di reato che mirano a sanzionare queste nuove forme di condotte criminali. Si tratta della corruzione tra privati (il direttore di banca a cui vengono dati dei soldi per ottenere un mutuo) e del traffico di influenze (l’affarista privato che riesce ad ottenere un vantaggio sfruttando le relazioni con un sindaco o con un presidente di una regione).

Il messaggio contenuto nel testo del ddl anticorruzione è chiaro e condivisibile: bisogna punire sia le nuove forme di corruzione del pubblico ufficiale che quelle tra i privati. Resta però un punto irrisolto. Ovvero, i tempi biblici dell’accertamento processuale. Ed è questo l’insuperabile limite della riforma tanto voluta dal Governo. Un limite tanto insuperabile da rendere improduttive le nuove fattispecie di reato che si vogliono introdurre. Che senso ha infatti introdurre dei nuovi reati, senza riformare il processo penale che oggi dura sette, otto e anche dieci anni? Poniamo che un domani il ddl anticorruzione diventerà legge, potremo dirci soddisfatti se per accertare quelle nuove e gravi corruzioni ci vorranno decenni? Non credo, almeno che non ci si accontenti dell’indagine spot, dell’intercettazione illegittimamente pubblicata o della misura cautelare eccellente.

Forse con il ddl anticorruzione si otterrà all’inizio un effetto deterrente. Qualche furbetto presterà più attenzione prima di fare imbrogli. Forse all’inizio qualcuno, beccato con le mani nel sacco, patteggerà la pena. Ma poi questi primi effetti spariranno. Questi nuovi reati saranno oggetto di interminabili indagini e di processi penali che termineranno dopo anni e anni. Morale: la risposta di giustizia produrrà un risultato pari allo zero.

La verità è che queste norme, se pur condivisibili, andrebbero inserite in un sistema giustizia che funzioni e dove i vari aspetti siano armonizzati tra loro. Mi riferisco ad una riforma di sistema. Riforma a dir poco necessaria per la nostra giustizia, ma che oggi è assai fuori moda nei Palazzi della politica, e forse non a caso. E infatti: a quanti parlamentari interessa un processo penale che per una corruzione si concluda in un anno, anziché in otto o dieci anni? Questa è la domanda da porsi.

Riccardo Arena

Riccardo Arena cura la rubrica Radiocarcere in onda il martedì e il giovedì alle 21 su Radio Radicale.