Un po’ di cose su Fotografia Europea

Prende il via la nona edizione di Fotografia Europea, l’annuale appuntamento che si svolge a Reggio Emilia.
Due le tracce fondamentali di quest’anno. Una, quella segnata dalla ricerca e dal pensiero di Luigi Ghirri, che invita alla riflessione attraverso la fotografia ­– a cui la manifestazione dedica l’importante mostra “Pensare per immagini”, a cura di Francesca Fabiani, Laura Gasparini e Giuliano Sergio. La seconda, a mio avviso molto interessante, riguarda la centralità del libro fotografico come strumento di approfondimento e di contemporanea possibilità di guardare e fruire la fotografia in modo differente e meno superficiale, a cui è dedicata “Senza meta. Il libro come pensiero fotografico” a cura di Elio Grazioli, mentore di Fotografia Europea. 
Per l’elenco dettagliato degli eventi e delle mostre da seguire secondo questi due fili intrecciati.

Ospite eccellente di questa edizione: Magnum Photos

Ospite quest’anno è la storica agenzia Magnum Photos, presente con alcune mostre: la retrospettiva dedicata a Herbert List e la sezione Host con la collettiva “No place like home”, curata da Francesco Zanot, in cui otto autori si misurano con la trasformazione del territorio e le possibilità interpretative che offre la fotografia.
Sempre a cura di Magnum, nei tre giorni della kermesse emiliana, una serie di workshop – full immersion – per i giovani fotografi. Per accedervi ognuno di loro ha presentato un portfolio e indicato un master di riferimento: Abbas, David Alan Harvey, Patrick Zachmann, Moises Saman e Jonas Bendiksen. A me e ad altri professionisti della fotografia è stato chiesto di guardare questi portfolio individuando uno o più talenti nascenti. Sono circa cinquanta i candidati confusi e male organizzati che mi hanno rivelato come l’idea di portfolio sia vaga e spesso sconcertante. Per uscire dall’impasse, evitando di essere un giudice spietato, ho cercato di riflettere su cosa significa costruire un portfolio. Il principio che dovrebbe guidare gli autori o gli apprendisti è quello di comporre con le immagini un quadro d’insieme che abbia un fil rouge capace di consentire la “lettura” della storia e, in assenza di questa, di godere della fruizione del flusso. Si può seguire il filo narrativo ma si può anche decidere di mettere insieme una collezione delle proprie immagini migliori, purché con esse si parli una lingua segreta che consenta, se non la comprensione “oggettiva”, quantomeno quella emotiva. Di certo a molti apprendisti fotografi quello che davvero manca, prima ancora delle cosiddette buone immagini, è la consapevolezza di sapere chi sono, cosa stanno fotografando e come organizzeranno il lavoro per farlo conoscere.

Alessia Capasso – tenacia e passione.

Tra i cinquanta ho individuato un lavoro apprezzabile. Quello che mi ha colpito però non è stata la qualità delle immagini e l’originalità della storia, quanto la familiarità.
L’ho trovato nel gruppo dei candidati di Abbas, il celebre fotografo iraniano di Magnum. Prima ancora della tematica affrontata, i migranti a Lampedusa, arata e raccolta centinaia di volte e ormai iconizzata, mi suonava familiare il nome della fotografa. Dopo una veloce ricerca tra le migliaia di e-mail che conservo per inguaribile maniacalità, ho scoperto che quel portfolio – della serie storia chiara con fil rouge – era passato, ignorato, dalla mia casella di posta. Scorrendo tra le vecchie mail ho scoperto che la nostra autrice mi aveva proposto negli ultimi quattro anni (4!) altre storie. Reportage che avevo tralasciato per stanchezza, per troppo affollamento sulle tematiche terzomondiste e per una mia particolare insofferenza alla fotografia “urlata” postprodotta e drammatizzata. Non ho mai incontrato Alessia Capasso, non ho idea di quanti anni abbia e di quanto mondo abbia girato. Forse le ho risposto o forse no e mi maledico se non l’ho fatto. So come è difficile trovare ascolto, avere un parere o magari una critica, pubblicare una storia.

Però mi devo ricredere, Alessia Capasso merita un premio per la costanza con cui insiste nel cercare una via di affermazione e un premio per non esserci lasciata scoraggiare dalle mail senza risposta. Tenace e determinata, oggi cerca i masters di Magnum e s’immerge nel vortice di Fotografia Europea per conoscere e crescere, convogliando le energie per migliorare e arricchirsi invece di inseguire le migliaia di premi e le effimere occasioni di visibilità. Un’ottima attitudine.
Buon workshop ad Alessia e buona visione.

Renata Ferri

Giornalista, photoeditor di "Io Donna" il femminile del "Corriere della Sera" e di "AMICA", il mensile di Rcs Mediagroup. Insegna, scrive, cura progetti editoriali ed espositivi di singoli autori e collettivi.