Osservatori disperati

[Luca Cominassi, un po’ di tempo fa, mi ha fatto un’intervista sulla politica a Parma che doveva uscire poi in un libro del quale ho poi perso le tracce; l’intervista l’ho ritrovata stamattina la metto qui, intanto]

1) Se consideriamo ciò che è avvenuto a Parma dallo scandalo Parmalat ai giorni nostri, Lei ritiene che la politica locale sia stata influenzata dai partiti o da altri fattori/attori? In altre parole Lei dove collocherebbe il “motore” della politica locale in questi ultimi due decenni e passa?
L’altro giorno sono andato dal dentista, o, meglio, dall’ortodontista, se si dice così, a accompagnare mia figlia che doveva mettersi l’apparecchio, il primo apparecchio della sua vita. L’ho aspettata fuori, e intanto che aspettavo arrivavano dei clienti che si mettevano anche loro lì ad aspettare il loro turno per andar dal dentista, o dall’ortodontista, e alcuni di questi clienti, due, intanto che aspettavano si son messi a leggere delle riviste, quelle riviste che trovi dal dentista, o dall’ortodontista e io, che appena mia figlia era entrata avevo aperto il romanzo che stavo leggendo (La battaglia navale, di Marco Malvaldi), ho pensato che io ormai son degli anni, che non leggo più le riviste che trovo dal dentista (dall’ortodontista non ci son mai andato, non si usava, quando ero piccolo io).

Io, magari poi non mi piacciono, le cose che leggo, ma le decido io, e se preferisco decidere io vuol dire che poi in fondo un po’, alla fine, mi piacciono, questi libri che mi porto, sempre, dentro la borsa, che in tutti i posti dove mi capita di trovarmi io ho sempre una borsa, ma non perché mi piaccion le borse, perché ho bisogno di un libro e di un quaderno e di una penna, per lo meno. E mi sono accorto che questa cosa, però, era una contraddizione rispetto a una cosa che avevo sempre pensato; che io, quando mi chiedono di aderire a quelle campagne di promozione della letteratura, io ho sempre risposto che promuovere la letteratura, per me, è insensato, perché secondo me ha una forza, la letteratura, che sarebbe come se uno volesse promuovere la legge di gravità, che a me mi verrebbe da chiedergli, a uno così, «Ma chi sei, tu, per promuovere la legge di gravità?». Solo che lì, dal dentista, mi sono accorto che questo fatto di scegliere tu quello che leggi è un po’ come diceva David Foster Wallace in un discorso bellissimo che si intitola Questa è l’acqua, dove, rivolto agli studenti del Kenyon college di Gambier, in Ohio, diceva che una cosa difficile, da grandi, è scegliere quello che pensi, perché «imparare a pensare, diceva Foster Wallace, vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, – diceva Foster Wallace, – così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto», diceva Foster Wallace (la traduzione è di Roberto Natalini). Ecco, questa, ho pensato l’altro giorno dal dentista e dall’ortodontista, mi sembra sia una buona ragione per una campagna a favore della diffusione della letteratura. E poi ho pensato che anche scrivere, è un po’ come leggere, che le possibilità sono due: o scrivi una cosa già scritta, o scrivi una cosa ancora da scrivere. Puoi decidere. Che è bello, ho pensato.

Ecco, non voglio esagerare con i paragoni, ma io ho l’impressione che votare, mettere una croce su un foglio, significhi delegare a quelli che si propongono come governanti le decisioni sulle cose che bisogna fare, ho l’impressione che scegliere tra le liste che troveremo sia come scegliere tra le riviste del dentista, è un’idea di politica che a me non piace tanto, perché la politica, per me, non è una cosa che fanno i partiti, è una cosa che facciamo tutti. Intanto che scrivevo un libro che si chiama Mo mama, e che parla proprio di quel che è successo a Parma in questi ultimi anni, avevo sentito dire che chi non va a votare toglie un diritto anche agli altri e avevo replicato così: «Ho sentito dire che chi non va a votare priva del diritto di andarci anche tutti gli altri e io, scusatemi, sono vent’anni che sto a casa, quindi sono vent’anni che privo la gente dei loro diritti, e io pensavo, e, vi confesso, penso ancora, che fosse e che sia un mio diritto, stare a casa, e devo dire, scusatemi, che da quando, vent’anni fa, ho smesso di credere che qualcuno che andrà in parlamento farà il mio bene, da quando ho cominciato a pensare che il mio bene era bene non delegarlo a nessuno ma farlo da solo, e che la politica non è una cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi propri genitori, ecco io sto molto meglio, da quando ho scoperto queste cose».

Mi ricordo quel che aveva detto Nenni quando il partito socialista era andato per la prima volta al governo e gli avevano chiesto com’era la stanza dei bottoni, e lui aveva risposto che si era accorto che nella stanza dei bottoni non c’erano i bottoni. Ecco io, recentemente, una cosa che ho fatto, cinque anni fa, ho smesso di fumare, e ho smesso poco dopo che sono state emanate, come si dice, le leggi antifumo, ma se mi chiedo perché ho smesso, mi vien da pensare che non ho smesso per le leggi antifumo, né perché hanno aumentato il prezzo delle sigarette, ho smesso perché me l’ha chiesto mia figlia, e me l’ha chiesto in un modo che ho capito che, questa cosa che fumavo, la faceva star male, e la cosa che mi vien da pensare è che quelli che mi governano, quelli che schiacciano i miei bottoni, ha molti più bottoni mia figlia, del parlamento, o della corte costituzionale, è molto più importante, per guidare il mio comportamento, per indicarmi una strada, la testa di mia figlia, che la testa di Matteo Renzi, e di Sergio Mattarella, e di Federico Pizzarotti, con tutto il rispetto per Matteo Renzi e anche per gli altri, e allora la cosa che mi viene da chiedervi, in una situazione del genere, non credete che la nostra capacità di cambiare le cose sia indipendente dalle cosiddette istituzioni? Io ho l’impressione di sì.

2) C’è stato un qualche ruolo di rilevanza ascrivibile a quella compagine politica che sarebbe divenuta progressivamente il “PD” nella vicenda storica recente di Parma?
Mi dispiace ma è una questione che non mi appassiona. Dentro il PD ci sono delle persone che mi piacciono e che stimo, ma il PD in sé per me non è niente.

3) Lei rappresenta e costituisce uno di quegli osservatori privilegiati che Jurgen Habermas situerebbe nella “sfera pubblica” di Parma e al quale attribuirebbe in ogni caso una specifica responsabilità nell’«opinare» collettivo. Ebbene, a Suo giudizio, si può ancora discutere in pubblico di questione pubbliche in questa città senza preoccupazioni meramente elettoralistiche? Come si potrebbe fare? Solo nella rete? O potremmo immaginare anche uno spazio più strutturato e dunque civicamente più responsabile?
Sarebbe interessante che ci fossero delle occasioni pubbliche per discutere, per ragionare su quel che è successo, perché di cose a Parma ne sono successe, in questi ultimi anni. Un modo per farlo sarebbe fare dei pubblici dibattiti, io sarei contento. Per esempio mi piacerebbe chiedere a quelli che hanno creduto alla politica di Federico Pizzarotti sull’inceneritore, come han fatto a crederci. O a quelli che hanno creduto alla politica di Ubaldi sulla metropolitana o su Parma città di 400.000 abitanti se sono delusi, dal fatto che a Parma la metropolitana non c’è e che Parma è una città di 200.000 abitanti come prima. Credo che ci siano, tra quelli che hanno votato per Pizzarotti e per Vignali, delle persone che avrebbero molte cose da dire e che sarebbero molto interessanti anche per capire chi sarà il prossimo sindaco di Parma.

Perché, ce lo ricordiamo tutti, nel 2007 il candidato sindaco, Vignali, appoggiato da Ubaldi, si è presentato promettendo che avrebbe fatto, a Parma, città pianeggiante di 200.000 abitanti, la metropolitana e che, nel giro di qualche anno, avrebbe fatto diventare Parma, città pianeggiante di 200.000 abitanti, una città di 400.000 abitanti e poi aveva detto tante altre cose e i parmigiani, quel candidato lì, bisogna dire, l’hanno votato e lui è diventato sindaco di Parma e a Parma la metropolitana non l’hanno poi fatta e la città non è diventata una città di 400.000 abitanti è rimasta più o meno dello stesso numero di abitanti che aveva nel 2007.

Nel 2012, invece, c’è stato un candidato sindaco, Pizzarotti, ce lo ricordiamo tutti, che ha detto che l’inceneritore, che stavano finendo di costruire, se diventava sindaco lui l’avrebbero smontato e venduto ai cinesi e che, con lui sindaco, i rifiuti a Parma non li avrebbe bruciati nessuno, perché c’era il pericolo, con le polveri che si sprigionavano dagli inceneritori, che venissero dei tumori ai bambini, e che i rifiuti i parmigiani li avrebbero mandati a bruciare in Olanda, se diventava sindaco lui, e quando gli han chiesto dei bambini olandesi lui ha risposto che in Olanda non governava lui e che non è che poteva pensare a tutti.
E poi aveva detto, questo candidato, che se fosse diventato sindaco lui avrebbe cominciato una raccolta differenziata spinta che avrebbe portato la differenziata al 90 per cento nel giro di un anno (era al 48 per cento, circa) e poi aveva detto tante altre cose e i parmigiani, bisogna dire, quel candidato sindaco lì l’hanno votato e lui è diventato sindaco di Parma e a Parma, dopo, ma quasi subito, hanno accesso l’inceneritore, e i rifiuti di Parma li han bruciati a Parma e per i bambini olandesi non è cambiato niente ed è un bel lavoro e lui, quando hanno acceso l’inceneritore, ha scritto una lettera ai suoi concittadini dove si diceva, tra le altre cose: «Non guardiamo al passato, guardiamo al futuro».
E la raccolta differenziata, c’è da dire, dopo un anno e tre mesi che il sindaco era diventato sindaco avevano fatto il primo controllo era al 53 per cento, e al 90 per cento, son passati quattro anni, non c’è ancora arrivata, la raccolta differenziata, e secondo me non ci arriva nei prossimi trent’anni, a Parma, la raccolta differenziata, al novanta per cento: e il prossimo sindaco, secondo me, per diventar sindaco si deve inventare una cosa, da dire in campagna elettorale, che dev’essere una cosa talmente enorme, se vuol essere eletto, che io, la mia immaginazione, una cosa del genere faccio fatica, a concepirla, e per via del fatto che io sarei un osservatore privilegiato, non credo affatto, di essere un osservatore privilegiato, e se dovessi chiedere qualcosa a qualcuno, l’ultimo a cui la chiederei sono io, devo dire.

4) Quale missione Lei assegnerebbe comunque a un partito politico in genere per un oggi e un domani ragionevolmente immaginabili per la sua città nell’intreccio di “mondi” in cui si imbatterà il futuro di essa?
Se si fa il giro delle biblioteche di lettura, sulla via Emilia, a cominciare dalla Sala Borsa di Bologna, passando dalla Delfini di Modena e dalla Panizzi di Reggio Emilia, si arriva alla civica di Parma e dà giù il cuore.

5) Che effetto Le fanno i dati storicamente inusuali dell’astensionismo emiliano? Sono “spie” di quali fenomeni?
Per me sono le spie di un fenomeno positivo, la fine della delega. Ci governiamo da soli.

6) Le domande che ci poniamo ruotano attorno a un quesito generale: i partiti sono serviti a qualcosa? E comunque, servono o potrebbero servire ancora?
Non so.

7) Quale risposta si può dare in termini valoriali e in termini pragmatici?
Non ho capito.

8) Interrogativi come quelli testé proposti Le paiono dotati di “senso”? Oppure del tutto o in parte fuori luogo o fuori misura nel contesto storico attuale e in quello che si va profilando?
Le domande alle quali ho risposto mi sembrano sensate.

9) E quale missione Lei assegnerebbe a un partito che in tutto o in parte le risultasse qualificabile come di “sinistra” in specie?
Non mi interessa la “sinistra” in specie.

10) E un simile partito come dovrebbe essere costruito? Ossia, come combinare leadership mediatiche e impegno civico nelle pieghe quotidiane di una città e di un territorio?
Come sopra, è una questione che non mi appassiona. Io sono una persona disperata che ha a che fare, tutti i giorni, con la sua disperazione, e ho l’impressione che sia una cosa molto bella e molto difficile.

Paolo Nori

Mi chiamo Paolo Nori, sono nato a Parma, nel 1963, abito a Casalecchio di Reno e scrivo dei libri; l'ultimo si intitola "I russi sono matti" (Utet 2019). Il mio blog è: paolonori.it.