Avventure in Salaborsa

Le cose più avventurose che mi sono successe, nei 53 che son stato al mondo, mi sono successe con mia figlia, che di anni adesso ne ha 12, e che quando ne aveva 7, una sera, le stavo cantando Genova per noi, per farla addormentare, e era un po’ che cantavo, e pensavo dormisse, invece si era voltata, mi aveva guardato, mi aveva detto «Scusa, mi ero addormentata». O quando una volta, con lei, d’estate, a Viareggio, avevamo scritto una cosa che faceva così: «Il fieno nel fienile, il baro nel barile, il maschio nel maschile, il corto nel cortile, il servo nel servile, la sedia nel sedile, il vino nel vinile». O quando una volta, avrà avuto quattro anni, eravamo a casa sua, e lei, in salotto, gattonava sulla spalliera del divano, e io le avevo detto «Secondo me non va bene, che fai così», e lei si era fermata, mi aveva guardato, ma cattiva, e mi aveva detto «Tu non devi dirmi Secondo me, tu devi dirmi Non va bene».

Questa cosa mi è tornata in mente l’altro giorno a Bologna quando sono andato alla biblioteca Salaborsa a vedere la presentazione del libro di Alessandro Baricco Il nuovo Barnum. Era un giorno che, a Bologna, c’erano contemporaneamente le presentazioni di Alessandro Baricco e di Piergiorgio Odifreddi e io, dovendo scegliere, sono andato a vedere Baricco che un po’ mi interessava lui, un po’ mi interessava Il nuovo Barnum. È un libro che raccoglie gli articoli che Baricco ha scritto negli ultimi vent’anni, «Tutti tranne quelli brutti» ha detto lui l’altra sera, e mi ha fatto venire in mente Aldo Buzzi che, in un’intervista, alla domanda «Che cibi le piacciono?» aveva risposto «Tutti quelli buoni». Nella prefazione al Nuovo Barnum, che si intitola Freaks, pistoleri e illusionisti, Baricco ha, in un certo senso, scelto, tra questi articoli belli che ha antologizzato, quelli che gli piacciono di più, attribuendo ad alcuni di essi «con la modestia che abitualmente mi si riconosce» un valore «profetico». Che è già una cosa notevole, mi viene da dire. Uno che pubblica un libro con le cose migliori che ha scritto negli ultimi vent’anni e ci mette una prefazione dove dice «Lì son proprio stato profetico» è uno che ha del coraggio, mi viene da dire.

Quell’articolo in cui è stato profetico è un articolo sull’11 settembre del 2001, dove Baricco scrive, a metà circa, «e allora chi è stato?», e non risponde, e poi conclude «Penso che tutto questo assomiglia molto a una storia di fantascienza», che è una cosa che a me ha fatto venire in mente un articolo di Carlo Fruttero dove Fruttero dice che quello che ha visto sullo schermo della sua televisione, l’11 settembre del 2001, «era effettivamente una copertina di Urania: due grattacieli stroncati da due aerei, fiamme, fumo, gente che si gettava dalla finestra, l’America under Attack». «Avremmo pubblicato un romanzo del genere?» si chiede Fruttero (che, con Lucentini, ha fondato e diretto per anni la collana di fantascienza Urania). «Certo, – si risponde, – e, anzi, l’abbiamo fatto più di una volta»; e riguardo al fatto se queste siano state delle pubblicazioni profetiche, dice che quella dalla profezia è una questione «tediosa».

La prima cosa che ha detto, Baricco, quando è comparso, l’altra sera, puntualissimo, alle 18, è stata «gli ultimi saranno i primi», intendendo che quelli che erano rimasti fuori dalla sala sarebbero stati i primi ai quali avrebbe firmato una copia, alla fine.
Faceva impressione, la sala, per il numero di ragazzi giovani. Tre quarti del pubblico di Baricco non superava i vent’anni e io, devo dire, ero un po’ invidioso. «Perché?» mi sono chiesto.
In uno degli articoli che ci sono in Nuovo Barnum, quello dove Baricco si lamenta del fatto che alcuni critici lo trattano con sufficienza, a un certo punto scrive: «Per quello che ne capisco, i miei libri saranno presto dimenticati, e andrà già bene se rimarrà qualche memoria di loro per i film che ci avranno girato su.
Così va il mondo»; che è una cosa che, a me, ha fatto piacere leggere, e che mi sembra si intoni bene «con la modestia che abitualmente» gli «si riconosce», modestia che salta fuori spesso, quando parla, come l’altra sera, quando ha detto che andando in giro, in tutto il mondo, a presentare il suo libro I barbari, lui ha visto della gente che usciva dalle presentazioni dicendo «Ah, ma allora è così, allora mio figlio è normale»; e poi ha letto un pezzo dove diceva che lui, in quel libro lì, («con la modestia che abitualmente» gli «si riconosce») ha sparato al concetto di profondità, e il concetto di profondità è morto.
E io ho pensato che Baricco, forse, era quello che voleva mia figlia quando aveva quattro anni, un babbo che le spiegava come va il mondo.

Poi, delle altre cose che mi sono segnato, tra quelle che ha detto Baricco l’altra sera, c’è il fatto che il suo romanzo Emmaus è «Scritto da Dio» e il fatto che lui, con Renzo Piano, ogni tanto si trovano e parlano «della vita, dei matrimoni».
E dopo, uscito dalla Salaborsa, l’altra sera, sono andato alla libreria Ambasciatori dove c’era Odifreddi che parlava di quell’aforisma di Nietzsche che dice «Non ci sono fatti, solo interpretazioni, e questa è un’interpretazione», e ho pensato «Io di preciso non lo so, ma secondo me è vero».

(Pubblicato su La Verità)

Paolo Nori

Mi chiamo Paolo Nori, sono nato a Parma, nel 1963, abito a Casalecchio di Reno e scrivo dei libri; l'ultimo si intitola "I russi sono matti" (Utet 2019). Il mio blog è: paolonori.it.