Colpo d’occhio

La prossima settimana devo andare a Forlì a parlare di lavoro per radio, e siccome sul lavoro io non sono tanto preparato (qualche mese fa mi sono accorto che a me piacerebbe che l’articolo 1 della Costituzione, «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», diventasse «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul riposo»), siccome non sono tanto preparato, dicevo, ho pensato che forse val la pena di prepararmi e di provare a cercare prima le cose da dire per non dover star lì senza saper cosa dire che non è bello, per radio.

Quand’ero piccolo io, quarant’anni fa, in Italia la gente facevano dei lavori, contadino, muratore, carpentiere, lattoniere, fruttivendolo, elettricista, idraulico, meccanico, carrozziere, ferroviere, camionista, tranviere, vigile urbano, bidello, vetrinista, pettinatrice, barbiere, che io capivo, quando qualcuno diceva che lavoro faceva. Dopo, è cominciato un periodo che capire le cose è diventato più difficile, per me: mi ricordo una volta, ero appena tornato dalla Russia dove avevo studiato per la tesi, e avevo fatto la tesi su un poeta dei primi del novecento che parlava molto anche di pittura e che conosceva diversi pittori avevo letto anche dei libri sul cubismo avevo visto dei quadri cubisti e una volta, tornato in Italia, ero passato davanti alla televisione, avevo sentito che davano la parola a una cubista e mi ero fermato, mi ero chiesto chissà cosa aveva da dire, negli anni novanta del novecento, una pittrice cubista, e avevo guardato, non era una pittrice, era una che ballava su un cubo c’ero rimasto malissimo.

Così come c’ero rimasto male quando i negozi di barbiere, vicino a casa mia, avevan cambiato nome, eran diventati Hair stylist, che è un nome che io non so neanche come si pronuncia, si dice Stilist o Stailist? Chissà. Comunque ancora adesso, vicino a casa mia, ci son dei negozi, un fiorista che si chiama Non solo fiori, un tabaccaio che si chiama Non solo tabacco, un ottico che si chiama Colpo d’occhio, un barbiere che si chiama Mai di lunedì, dei negozi con dei nomi molto simpatici ma per me, che sono forse un po’ tardo, non tutti comprensibilissimi. Un po’ come quando, finita l’università, avevo cominciato a cercare lavoro, prendevo una volta alla settimana il Corriere della sera che c’era un inserto, Corriere lavoro, e cercavano dei mestieri, Customer service engineer, Lean manufaturing engineer, Sviluppatore spva enterprise, Programmatore spring Java, DBA DBL, Group Cashier, Hr Specialist, Operation complicance sr clerk, It security junior consultant, Material planner, Supply chain manager, ma che roba è? mi veniva da chiedermi. No no, io, sul lavoro, son proprio rimasto indietro, ho pensato, l’altro giorno sono andato a Livorno per fare il Repertorio dei matti della città di Livorno, uno di quelli che lo scriveranno mi ha detto che di mestiere lui fa il broker mi sono accorto che io non lo so, che cos’è, un broker. Che mestiere fai? Il broker. Aaah. Dopo lui, il broker, mi ha raccontato che c’era un suo compagno di classe che, in prima elementare, alla domanda della maestra «Che mestiere fa il tuo babbo?», aveva risposto «Il mio babbo fa la polizia stradale». Ecco, io, la polizia stradale, la capisco, il broker mica tanto.

Paolo Nori

Mi chiamo Paolo Nori, sono nato a Parma, nel 1963, abito a Casalecchio di Reno e scrivo dei libri; l'ultimo si intitola "I russi sono matti" (Utet 2019). Il mio blog è: paolonori.it.