Chi vince e chi perde in Tunisia

Bisognerà attendere ancora tutta la giornata di oggi perché l’ISIE sia in condizione di diramare i risultati ufficiali delle prime elezioni libere nella storia della Tunisia. Nei centri di tabulazione istituiti in ognuna delle 27 circoscrizioni sul territorio nazionale, si prosegue ancora alla verifica dei verbali di ogni singolo seggio e all’aggregazione dei risultati. Il processo va avanti molto lentamente e prevede una doppia trascrizione e verifica, prima manuale e poi informatica. Le operazioni si svolgono alla presenza di numerosi osservatori nazionali e internazionali, nonché di rappresentati dei partiti politici.

Intanto, però, se qualche verdetto è già sancito, emergono delle tendenze che se da una parte sorprendono poco, dall’altra preoccupano molti, forse in maniera eccessiva. Dato il sistema elettorale proporzionale a base puramente regionale, poco conta la percentuale complessiva ottenuta da ogni singola lista su scala nazionale. In ogni caso, sembrerebbe che Ennhada (“Rinascita”), il partito islamico moderato di Rached Ghannouchi, fortemente radicato nel tessuto sociale tunisino e di evidente ispirazione al modello dell’AKP turco di Erdogan, si potrebbe attestare intorno al 40% dei voti validi espressi, forse anche di più.

Non mancheranno sorprese: a partire dal flop del PDP di Chebbi, che se fino a qualche settimana fa sembrava il principale antagonista di Ennhada, negli ultimi giorni prima del voto, ha visto sgonfiare clamorosamente la propria sacca di consenso a causa di una campagna elettorale troppo aggressiva e una condotta molto spregiudicata.

Quanto al primo verdetto, infatti, il PDP di Nejib Chebbi e di Maya Jribi non ha ottenuto nemmeno nessuno dei 18 seggi assegnati dalle sei circoscrizioni estere, che rappresentano quasi il 10% dei 217 seggi totali che compongono l’Assemblea Nazionale Costituente. I risultati del voto dei tunisini residenti all’estero (alle urne dal 20 al 22 ottobre), sono stati resi pubblici nel pomeriggio di ieri: 9 seggi ad Ennhada, 4 al CPR di Marzouki, 3 all’Ettakatol di Ben Jafaar e 1 agli indipendenti della Pétition Populaire.

Se la delusione sarà il PDP, la sorpresa potrà certamente rivelarsi il CPR, un partito d’opinione che non conta una base di militanti e un radicamento capillare ma piuttosto propone dei quadri dirigenti di alto profilo intellettuale e di indubbia onestà, oppositori di lunga data del regime di Ben Ali. Moncef Marzouki e compagni sono sicuramente potenziali candidati a sedere in posti ministeriali di qualsiasi governo di unità nazionale.

Allo stato dei dati attuali, risulta invece prematura qualsiasi considerazione su Ettakatol, partito di centro sinistra con un seguito importante e ambiziose aspettative. Il leader Mustafa Ben Jafaar, carismatico e da tutti rispettato, viene da molti indicato come legittimo aspirante alla carica di prossimo Presidente della Repubblica di transizione. Prematuro anche il giudizio sulla coalizione del PDM (Pole Démocratique Moderniste), promossa e capeggiata da Ettajdid, già partito comunista tunisino fino al 1992, radicato nel territorio ma talvolta probabilmente troppo avanti nell’analisi riformista della società rispetto alla capacità e velocità di comprensione della società stessa. Un capitolo a parte pieno di incognite, poi, riguarda la performance che realizzeranno le 655 liste indipendenti in competizione. Tra esse, alcune sono state promosse da personalità vicine al vecchio regime, altre da esponenti rispettati della società civile e perseguitati dallo stesso vecchio regime, altre ancora da imprenditori facoltosi che aspirano a rivestire un ruolo di primo piano nelle scelte della Tunisia di domani (le liste d partito sono 830, quelle di coalizione 34).

Intanto, i numerosi organismi internazionali che hanno vegliato sulla correttezza di queste elezioni, iniziano ad emettere le prime positive valutazioni sul voto di domenica. Forse anche troppo ottimistiche in quanto più frutto di un’analisi fortemente emotiva che di una valutazione prettamente tecnica delle modalità di svolgimento dello scrutinio, dalla fase di preparazione fino all’aggregazione dei risultati ancora in corso. Ancora qualche ora di attesa e tanti interrogativi avranno risposta. Ma la cosa più importante è che tutti rispettino l’esito scaturito dalle urne, perché esso esprime il giudizio e la preferenza del popolo tunisino, legittimo e sovrano nella scelta dei propri governanti. Solo così si potrà veramente parlare di una pagina nuova nella storia della Tunisia e di tutta la regione.

Michele Camerota

Michele Camerota è di Scauri (Lt), laurea in scienze politiche, master in diritti umani, viaggia e lavora in quattro continenti come osservatore elettorale e affini. Saldamente legato alle sue origini.