Shaquille e i Boston Pops

Presentandolo lo hanno chiamato “Maestro Shamrock”, perché il trifoglio è il simbolo dei Boston Celtics, la sua nuova squadra. Lui, Shaquille O’Neal, in tutti i suoi 216 centimetri e 143 chili (sì, centoquarantatre – ed è dimagrito, ultimamente), non ha fatto una piega, è salito sul podio, bacchetta in mano, e ha cominciato a dirigere i suoi nuovi compagni di squadra. Non i soliti Garnett, Pierce e Allen, però, ma i membri della Boston Pops, l’orchestra cittadina condotta per l’occasione da un direttore d’avvero d’eccezione.

Non che la cosa debba necessariamente sorprendere, se si è più o meno familiari col personaggio Shaq. Da quando è arrivato a Boston ha già dato appuntamento via Twitter a tutti i suoi tifosi in Harvard Square per fare la statua per un’ora (sì, la statua: immobile, senza proferire parola, per 60 minuti si è prestato a foto e abbracci da parte di tutti i tifosi Celtics impazziti) e si è travestito da Beyoncé, con tanto di parrucca e seno finto, il giorno di Halloween. Con la musica poi il nuovo centro dei Celtics (4 volte campione NBA, tre con i Los Angeles Lakers, una con i Miami Heat) ha un feeling speciale dal lontano 1993, quando pubblicò il suo primo album rap, “Shaq Diesel” (che un anno dopo divenne album di platino, superando il milione di copie vendute) e per promuoverlo venne pure a Milano, dove lasciò l’impronta della sua Reebok 56-e-mezzo sull’asfalto del Parco Sempione (che fine ha fatto, poi? Oggi non c’è più, ma d’altronde non ci sono più nemmeno le sfide 5 vs. 5 che hanno fatto di quel playground il più storico di Milano…) e poi rischiò di vedere quella stessa impronta impressa a pedate sul suo largo didietro esibendosi microfono in mano al Forum di Assago (lo ha salvato solo la stazza, presumo…).

Ma ha ragione lui, comunque, uno a cui la definizione “larger than life” – come tutte le definizioni possibili e immaginabili – va stretta. Superstar NBA, cantante (altri 4 album dopo quello d’esordio e collaborazioni col gotha dell’hip-hop mondiale, da Jay-Z a Ice Cube, da Notorious B.I.G. a KRS-One, senza disdegnare Michael Jackson), attore (in “Blue Chips” con Nick Nolte e nell’indimenticabile “Kazaam”), testimonial (in oltre 250 spot) e star della TV (col suo personale show, “Shaq Vs.” in cui sfida altri campioni sportivi nelle loro discipline). A Boston lo hanno odiato, quando vinceva tre titoli NBA in coppia con Kobe Bryant all’inizio del millennio per i rivali storici, i Los Angeles Lakers, ma per dimenticare tutto e impazzire per lui è bastato che O’Neal mettesse piede in città. Certo, non un piede qualsiasi, ma il suo cinquantasei-e-mezzo.

Mauro Bevacqua

Nato a Milano, nel 1973, fa il giornalista, dirige il mensile Rivista Ufficiale NBA e guarda con interesse al mondo (sportivo, americano, ma non solo).