Dallas, abbiamo un problema

Bisognava leggere come un presagio nefasto la sorprendente sconfitta alla prima giornata contro i Redskins. L’America è abituata a veder vincere i cowboys contro i pellerossa (sui libri di storia, ma anche in quelli dei record NFL: 58 vittorie per Dallas, contro le 40 di Washington nei 50 anni appena festeggiati di rivalità). “È un derby, può succedere di tutto”, si sarebbe commentato da noi, e via a girar pagina, nella speranza che quella dopo sia migliore. Invece no. Seconda sconfitta contro Chicago: il record dice 0-2. Peggior avvio dal 2001.

I tifosi, però, mettono mano all’almanacco. Nel 1993 stessa partenza, eppure campioni alla fine. Forse hanno ragione. Alla terza giornata, infatti, si festeggia: Houston è forte (2 vinte, 0 perse, in quel momento) ma perdere anche il derby per la supremazia texana sarebbe stato troppo. Quello dei Bush, d’altronde, è “lo stato della stella solitaria”, e l’unica a brillare è ancora quella blu sui caschi color argento dei Cowboys. Almeno fino al turno dopo. Dallas cade ancora – contro Tennessee – e sono i Cowboys a perdere, prima ancora che i Titans a vincere. Il trend negativo delle prime giornate è confermato: Dallas subisce troppe penalità, che portano a yard regalate agli avversari, e perde troppi palloni. Così, nel football, non si va avanti. Ma avanti va il calendario, e il turno successivo propone una sfida super affascinante tra squadre disperate: i Cowboys di Tony Romo (1-3) contro i Vikings di Brett Favre (1-3). Ultima spiaggia. Ultima chance. Una squadra può ridar senso alle proprie ambizioni, l’altra può solo abbandonarle.

Va male nuovamente ai Cowboys, anche se di poco (solo 3 punti). Certo, ora è davvero dura, ma forse non tutto è ancora finito. A inizio stagione, d’altronde, Dallas era unanimamente considerata tra le favorite, possibile dover già dire addio al sogno di disputare il Superbowl nello stadio di casa? Possibile. A fugare ogni dubbio ci pensano i Giants (quinta sconfitta stagionale) e ci pensa Michael Boley, che stende il quarterback Tony Romo e gli frantuma la clavicola. Game Over, stavolta sul serio. I primi a passeggiare sui resti di Dallas sono quelli di Jacksonville, ma è la sconfitta con Green Bay dell’ultimo turno (la seconda peggiore di sempre in trasferta nella storia dei Cowboys) il vero punto di non-ritorno. Jerry Jones, l’uomo che ci mette il grano (e tanto), non ne può più e lo fa sapere: “Saranno in tanti a pagare le conseguenze di questa situazione”. Il primo è l’allenatore Wade Phillips: sulla sua uscita di scena a cavallo verso il tramonto ormai scommettevano in pochi. Stasera Jones lo ha disarcionato.

Mauro Bevacqua

Nato a Milano, nel 1973, fa il giornalista, dirige il mensile Rivista Ufficiale NBA e guarda con interesse al mondo (sportivo, americano, ma non solo).