I mysteri della matematica

La matematica è una scienza esatta, vero? O è così o così, non si può sgarrare, vero? Macché! Anche in matematica ci sono veri e propri misteri, di tanti tipi diversi e per tutti i gusti, anche se in effetti tante volte si scivola quasi sulla filosofia. Cogliendo l’occasione del primo compleanno di Query, la rivista del CICAP, vi racconto un po’ di misteri, pardon mysteri, della matematica… almeno come li vedo io.

Il primo mystero è quello dei teoremi che non sono né veri né falsi. Per millenni la matematica è stata vista come l’unica scienza dove si poteva essere certi che prima o poi si sarebbe arrivati ad avere tutte le risposte: magari il “poi” sarebbe stato un “molto poi”, ma nessuno aveva particolarmente fretta. David Hilbert, uno dei più grandi matematici a cavallo tra XIX e XX secolo, pronunciò le profetiche frasi «In der Mathematik gibt es kein Ignorabimus» (in matematica non c’è un “ignoreremo”) e «Wir müssen wissen, und wir werden wissen» (noi dobbiamo conoscere, e noi conosceremo). Falso profeta, naturalmente: perché nel 1931 Kurt Gödel dimostrò formalmente che un qualunque sistema abbastanza ricco per poter fare aritmetica i casi erano due: o il sistema non era coerente (disastro totale) oppure c’erano affermazioni vere che non potevano essere dimostrate all’interno di quel sistema (disastro parziale). Detto in altre parole, ci deve essere per forza qualcosa che non potremo sapere, e dovremo accettare – o rifiutare, se per noi vero=dimostrabile – per fideismo. Una volta poi rotto l’argine con la dimostrazione gödeliana, i matematici sono riusciti a trovare teoremi relativamente semplici che si può dimostrare non poter essere dimostrati… insomma, non sono elucubrazioni ultrateoriche.

Il secondo mystero è quello legato al cosiddetto Problema della fermata. Non solo non si può sapere se un teorema è dimostrabile oppure no, ma dato un algoritmo finito e un insieme di dati di input non è sempre possibile stabilire se il programma terminerà, non importa se con risposta positiva o negativa, oppure continuerà all’infinito. Questo risultato è stato dimostrato da Alan Turing, ed è di nuovo una fregatura per chi è convinto che la matematica dia certezze: anche avendo a disposizione un computer di capacità illimitate, per alcuni problemi è un mistero sapere se esiste o no la soluzione. Chissà se sarà così per l’ipotesi di Riemann oppure per la congettura di Collatz

Ma ci sono mysteri molto più toccabili, si fa per dire. Teoremi che si possono dimostrare veri ma che sono completamente controintuitivi. Non so se avete mai sentito parlare del Paradosso di Banach-Tarski: è possibile prendere una sfera unitaria, “tagliarla” in cinque parti, riassemblare i “pezzi” e ottenere due palle del tutto identiche a quella iniziale. Ho scritto “tagliare” e “pezzi” tra virgolette perché le operazioni da fare non sono affatto permesse nel mondo fisico, anche perché altrimenti hai voglia a duplicare lingotti d’oro… La dimostrazione in effetti non è costruttiva, e sfrutta un assioma matematico, l’assioma della scelta, che è un altro esempio ancora di mystero: si può fare matematica accettandolo o rifiutandolo, e non abbiamo modo di stabilire se è vero o falso usando i soliti assiomi della matematica. Non venitemi a dire che un assioma che permette di duplicare gli oggetti è evidentemente falso: il suo enunciato afferma semplicemente che data una qualunque collezione, finita o infinita, di insiemi non vuoti è sempre possibile scegliere un oggetto da ciascuno degli insiemi. Più innocuo di così…

Un quarto tipo di mystero è quello che il fisico Eugene Wigner definì “l’irragionevole efficacia della matematica”. Vi siete mai chiesti perché mai il nostro universo sembri sottostare a leggi matematiche relativamente semplici? Dal mio punto di vista, è più misterioso scoprire che la gravitazione universale o la legge di Maxwell si possono esprimere con poche formule che pensare a una supposta Atlantide i cui abitanti avevano chissà quali conoscenze. Mi sa che Giacobbo e quelli di Voyager pensino di no, ma è chiaro che ognuno ha i mysteri che si merita…

Resta un quinto mystero di cui non credo si parli molto ma a me ha sempre turbato un po’: l’innaturale interconnessione di tutta la matematica. Perché mai per dimostrare il teorema di Fermat, che parla di numeri interi elevati a potenza e somme, occorre passare alla teoria delle funzioni ellittiche? Perché le stime migliori della distribuzione dei numeri primi si ottengono usando i numeri complessi e tecniche matematiche non certo elementari? Ecco: io di matematica ne conosco un po’, anche se non certo tanta, e ogni volta che vedo casi come questo rimango stupito di come l’edificio matematico, che pure non ha fondamenta solide (ricordate il primo mystero?) è talmente interconnesso che scopri che un pilastro che sembra messo a caso in un punto serve invece a puntellare una sezione da tutt’altra parte, da dove il pilastro originale manco si vede. Se non è un mystero questo…

Maurizio Codogno

Matematto divagatore; beatlesiano e tuttologo at large. Scrivo libri (trovi l'elenco qui) per raccontare le cose che a scuola non vi vogliono dire, perché altrimenti potreste apprezzare la matematica.