Il mio rosario di benedizioni

Abbiamo tutti, da sempre, bisogno di costruire sintonie. Siamo ansiosi di ricevere risposte dal mondo circostante. Siamo animaletti dietro uno schermo che inseguono il consenso.

È stato un profilo Facebook l’oggetto che per la prima volta ha permesso a milioni di persone di potenziare questo desiderio elementare. O per lo meno di provarci.
Prima della nascita delle reti digitali l’ampio riscontro di sé era un privilegio aristocratico riservato a piccole nicchie sociali (politici, giornalisti, artisti, intellettuali) le cui parole contavano per definizione. Quei pensieri ne generavano altri, aprivano dibattiti (nei quali altri pari potevano inserirsi a pieno titolo), modellavano il sentimento comune dell’opinione pubblica.

Sui limiti e le modalità attraverso la quale si crea oggi il senso comune ci sarebbe molto da dire e ci arrivo fra poco. Prima vorrei dire che, anche in questo farsi comunità, l’Italia è oggi un paese grossolanamente spaccato in due dal divario digitale. La metà circa dei cittadini sperimenta sulla propria pelle l’ibridazione caotica fra il vecchio e nuovo mondo; l’altra metà, quella più anziana, quella più economicamente e culturalmente svantaggiata, rimane con i piedi ben saldi dentro le notizie del TG1 e dentro i meccanismi di riconoscenza e identità dell’era precedente. L’apparato politico-mediatico di questo Paese giustifica così la propria arretratezza: si rivolge alla metà della popolazione che guarda in TV Vespa e Barbara D’Urso e così facendo descrive se stesso.

Dicevo del desiderio di riconoscenza. Perché in molti ci affanniamo ogni giorno su Twitter o Facebook cercando di convincere gli altri ad occuparsi di noi? Come cerchiamo di farlo? Come vinciamo o siamo sconfitti nella lotta per ottenere attenzione? E soprattutto: è sano? Serve a qualcosa? Potremmo farlo meglio? E ancora: ci ruba il tempo? Ci rende più nervosi e più stupidi? Ci trasforma in persone peggiori?

Scriveva Michele Serra nella sua Amaca di qualche giorno fa:

 

Sgridare gli altri. La massima parte dei post, dei tweet, dei commenti online, ma anche delle dichiarazioni dei politici, dei titoli di giornale, delle inchieste puntute, degli editoriali severi, ha lo scopo di rimproverare qualcuno, accusarlo di qualcosa, rinfacciargli qualcos’altro. Le beghine e i beghini del web sono ovviamente in prima fila, il loro rosario di maledizioni è senza tregua.

 

Serra è abilissimo con il cerchio e la botte progressista, lascia sempre uno spazio di critica dedicato ai giornali, ma è chiaro che il suo bersaglio resta sempre lo stesso dei suoi ultimi duecento elzeviri analoghi: le beghine del web, per non dire il web, per non dire il mondo come poteva essere e purtroppo non è stato.

A differenza di quello che qualcuno potrebbe sospettare, a questo punto (la distanza fra quello che penso io e quello che pensa Serra sul web resta invariata) io acconsento. Mi riconosco perfettamente in questa descrizione e francamente me ne vergogno. Mi vergogno di me stesso e non da oggi. Ho anch’io, come molti, un variegato “rosario di maledizioni” che se ne sta lì pronto ad essere scatenato con un tweet. Sono anch’io, incontrovertibilmente, una beghina del web (esattamente come Serra ma questo è un altro discorso). Tutto questo mi ruba il tempo? Mi rende più nervoso e stupido? Mi trasforma in una persona peggiore? Sinceramente penso di sì.

Non sono solo io, certo. La mia timeline in rete – nonostante io sia abbastanza attento a filtrare il peggio – è un rosario di altre maledizioni che si aggiungono alle mie. Spesso si tratta di stupidaggini, ingenuità o volgarità vere; otto volte su dieci sono cose che non condivido; dieci volte su dieci sono richieste di attenzione. Altre persone che, come me, chiedono di essere considerate. E per essere riconosciute utilizzano i pochi fuochi d’artificio a loro disposizione: il rosario di maledizioni è uno dei pochi espedienti che ogni tanto funziona.

Se le cose stanno così, cosa possiamo fare? Me lo chiedo da tempo e ho una breve lista personale, la chiamerò il mio rosario di benedizioni, anche se assomiglia molto a quella del tizio che vuole smettere di fumare domani.

 

– Leggi di più e scrivi di meno.

– Conta fino a cento prima di postare. Poi rileggi.

– Stai lontano da Internet almeno alcune ore al giorno (ogni tanto anche qualche giorno intero).

– Indignati un po’ meno.

– Posta le cose che ti piacciono, non solo quelle che detesti.

– Guarda un film.

– Leggi un libro per un’ora senza interruzioni.

– Vai a vedere tua figlia che gioca a tennis senza cellulare

– Cammina.

– Cammina.

– Cammina.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020