Beppe Grillo: la politica e i click

 

“Va tutto bene, i flussi sul blog sono invariati. Facciamo venti milioni di pagine visualizzate la settimana”

Questo virgolettato non è il resoconto settimanale del responsabile marketing dell’azienda XYZ.it che ha affidato alla pubblicità online il proprio futuro commerciale ma è una frase che Massimo Artini, “cittadino portavoce” espulso dal M5S in una delle ultime epurazioni decise da Grillo e Casaleggio, ha attribuito a Beppe Grillo durante un loro incontro privato avvenuto qualche mese fa a Marina di Bibbona.

Ricordo che quando lessi questa frase una parte di me, quella che ritiene l’esperimento digitale di Beppe Grillo una farsa molto italiana, pensò che certo era possibile che Grillo associasse in maniera così superficiale i dati di gradimento di un sito web con una sorta di legittimazione politica, mentre la parte di me che si fida del buon senso delle persone pensò che non era possibile, che magari era un’invenzione del “cittadino portavoce” espulso, che, come è evidente a chiunque, anche a Grillo sarebbe stato chiaro che le sorti di un grande esperimento politico non possono essere in alcuna maniera collegate alla banalità numerica di quante persone aprono o non aprono una pagina web.

Invece oggi, leggendo le risposte stizzite del blog di Grillo agli articoli di stampa che citano il netto calo di popolarità del sito del comico genovese, ho pensato che probabilmente Grillo quella sera in Toscana parlasse sul serio e che qualcuno – magari abusando della sua credulità – gli abbia fatto credere che “davvero” avere un sito con molti visitatori significhi qualcosa di diverso dall’avere un sito con molti visitatori.

Del resto se Grillo avesse voluto contestare l’utilizzo di Alexa o di altri sistemi di misurazione della popolarità del suo blog che sono alla base di molte critiche ricevute in questi giorni (critiche come al solito pesantemente interessate, ma questo è un altro discorso) avrebbe potuto banalmente smentire tutti pubblicando i numeri reali degli accessi al suo blog, invece che lanciare una campagna con l’hashtag #iononleggorepubblica per poi bullarsi della sua grande riuscita.

Internet in genere funziona così: a contestazioni numeriche si dovrebbe replicare con altri numeri, non con ettolitri di fuffa col cancelletto davanti. Tranne poi vantarsi quando il proprio tag è diventato Trending Topic su Twitter, che sarebbe poi come celebrare il proprio trionfo al 32° Trofeo ciclistico per amatori di Budrio, categoria over 55.

Questa idolatria per le sciocchezze ininfluenti di Internet è il marchio di fabbrica di un’idea ormai difficile anche solo da raccontare: una strategia che mescola senza grandi patemi il marketing web, buono magari per i dentifrici o per il cibo per cani, con la popolarità ed il seguito di un pensiero politico, che banalizza ogni decisione utile al Paese dentro l’invarianza dei flussi web, che illustra ai propri adepti la propria idea di democrazia elettronica dentro una spazio recintato e gerarchico.

Abbiamo convissuto in questi anni, spesso amichevolmente, con quei simpatici cialtroni che ti raccontano che il sentiment, l’engagement e tutta la batteria di altri inglesismi da social media hanno davvero un senso: abbiamo letto incuriositi le analisi sulla penetrazione virale dei tweet, sul valore intrinseco dei like, sui follower e gli influencer, sulla diffusione WOM di questo o quel contenuto, ma mai avevamo creduto fino in fondo che questa roba potesse essere troppo significativa nel racconto di un pensiero politico, nel disegno di una traiettoria che aspiri a cambiare il mondo. Che ne sia il motore e non, tuttalpiù, il corollario. Invece Beppe Grillo – a questo punto è evidente – crede che esista un marketing politico elementare, in relazione lineare con i numeri squadernati dal suo blog e dalla galassia di siti satellite inventati da Casaleggio Associati per accalappiare i tordi.

È una ben curiosa traiettoria, anzi a dirlo meglio è la traiettoria perfetta di un comico che una volta aveva un blog ed ora ha un movimento personale che da un lato si ispira alle più incerte prassi della rete Internet, e che dall’altro cerca voti, e talvolta li trova, dentro un Paese nel quale la metà degli elettori o quasi non ha mai usato Internet.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020