Il comandante e la cicogna: un’intervista a Silvio Soldini

Silvio Soldini, intanto la ringraziamo molto di aver accettato quest’intervista con noi di Aciribiceci
Be’, veramente io non ho accettato niente e vi siete inventati tutto.

Sarebbe a dire che lei non è Silvio Soldini?
Esatto. Ma non è solo che non sono Soldini. È che proprio non esisto, sono solo una vostra proiezione.

Allora non è un problema: nemmeno noi esistiamo, e nemmeno questo blog esiste. Anzi il blog forse esiste: sono quelli che lo leggono che non esistono.
Ecco ora mi sento sollevato, quasi etereo, non ci sono già più. Cos’è che volevate chiedermi?

La prima domanda che abbiamo pensato qua in redazione (ci ha aiutato un po’ la Maggioni, quindi è colpa nostra fino a un certo punto) è: ma lei, non sarà un poco bipolare?
In che senso scusi? Ora non cominciamo a offendere, che io sono sensibile.

No, appunto, dicevamo: lei o fa film in cui lo spettatore esce determinato al suicidio, oppure le vengono queste commedie strampalato/ridanciane. La sua è schizofrenia? O una cosa tipo rido per non piangere?
Mah, alla fine tanto ridanciane non sono neanche, le mie commedie, c’è questa tristezza di fondo che…

Eh, ma infatti: ma perché c’è sempre questa tristezza di fondo? Lei lo sa che ormai, per colpa dei registi come lei, la gente quando va al cinema come minimo si mette un bottone a lutto sul cappotto?
Vabbè: se volete il cinepanettone, allora…

Ma quello è ancora più triste, Soldini.
Ecco, quindi non state a lamentarvi tanto.

Per carità, qui siamo tutti suoi fan. La seguiamo dai tempi di quando lei bruciava nel vento, erano giorni di nuvole e tempesta, e Agata mangiava pane e tulipani. Ci ha procurato più sbalzi d’umore lei di quando a casa finisce il Roipnol e le farmacie sono chiuse.
Lei vuole incolparmi dei suoi malesseri, ma il mio ultimo film è divertente. È una cosa innegabile.

Sì, però, Soldini… lei lo sa vero?
Cosa?

Amunì…
Amunì cosa?

Il personaggio di Battiston…
Bello, eh? Originale, insolito, inaspettato. Là ho dato il meglio.

Sì, per carità, per essere bello è bello, uno dei migliori di sempre, e poi Battison è bravissimo, però…
Però che?

Però io l’ho sgamata, Soldini. Non faccia il vago, avanti.
Ma vago di che? Cosa ha sgamato, scusi?

Vabbè, allora se lo scrivo brutalmente, poi non si lamenti: Battiston è chiaramente ispirato a Ignatius O’ Reilly. È proprio sfacciato il richiamo.

Ma chi? Ma quando? Ma chi è?

Il protagonista di Una banda di idioti, di John Kennedy Toole, ora non faccia finta di non averlo letto.

Io? Eh… mah… vediamo… non so… me lo ricordi meglio, che non mi viene in mente.

Soldini, l’abbiamo beccata, confessi. Ignatius O’ Reilly. È identico: grasso, colto, maniacale, sproloquia, non lavora, vive di espedienti. E poi è vestito come la copertina italiana del libro.

Ah, quindi è per questo che mi intervistate?

E certo, Ignatius è il nostro santo patrono, il nume tutelare, il faro che ci guida in tutte le minchiate che spariamo in questo blog.

Mi dispiace, io non intendevo essere blasfemo…

Ma guardi che qua siamo contentissimi che lei lo abbia omaggiato. Perché il suo è un omaggio, vero?
Io lo adoro, Ignatius. Era una vita che aspettavo di poterlo mettere in un film. E Battison, ne converrete anche voi, è perfetto.

Calza come un guanto. È una fedelissima trasposizione italiana di un personaggio che più americano non si poteva. Operazione difficilissima, che lei ha svolto in maniera magistrale. Vale da solo il prezzo di almeno due biglietti.
Meno, male, temevo che a molti fosse sfuggito.

Eh ma qua non è che munniamo nespole.
Prego?

Dico: non è che qua ammuttiamo il fumo con la sdanga.
No entiendo su lengua.

Ma le pare che veniamo da mietere?
Ma che è? Una sciarada?

No, niente, mi scusi, sono solo regionalismi: una cosa che faccio per alimentare il mio senso di appartenenza e colorire un po’ il blog. Sa, ci tengo.
Un vezzo, quindi.

Se le piace chiamarlo così.
E come lo devo chiamare? Lei lo sa che quei tre lettori che c’ha si lamentano sempre che non si capisce niente?

E che ci posso fare? Ci sono quelli che pensano che lo faccio apposta. Invece io scrivo in dialetto quando proprio non so come si dice in italiano.
Quindi lei è un ignorante.

Una bestia quadrupede. Però ci sto lavorando.
E come?

Sto studiando i quiz del ministro Profumo. Ha presente? Quelli per il mega concorso insegnanti.
No, veramente no.

Quindi se le chiedo se l’oliera è più vicina alla bottiglia o al vaso di fiori, lei che mi dice?
Che mi sento a Cuma e ho la spiacevole sensazione di dovere interpretare la Pizia.
Lo vede che neanche Soldini sa risponderle, Ministro? La prossima volta intervisto lei, se non mette dei quiz più normali.
Ma con chi parla?

Con Profumo. Cioè da solo. Come quando parlo con lei, insomma.
E quello bipolare sarei io?

Lasciamo perdere, va’, che comunque qua si parlava dei suoi scopiazzi.
Ma non avevamo stabilito che erano omaggi?

Ah, già, certo, i suoi omaggi. Per esempio, la Gerini…
Ora pure la Gerini?

Amunì, Soldini…
Ma amunì cosa? Cui? Unni?

Ah ma lei impara in fretta: complimenti ha un talento innato per le lingue.
Veramente no, è sempre che lei scrive, se lo ricorda?

Già, c’ero cascato da solo.
E poi se glielo devo dire, io questa sua strategia dei regionalismi la schifo e la odio. La riconosce la citazione?

Certo che la riconosco, è da Io, speriamo che me la cavo, gliel’ho fatta fare io, Soldini. Non si prenda meriti non suoi, come con Ignatius.
Vabbè. Che diceva della Gerini?

Gran culo.
Sì, ma a parte questo.

Ah, dicevo, la Gerini, pure lei…
Pure lei cosa?

Dico: pure lei è un personaggio…
Che personaggio è? Lo dica, avanti.

Pure lei è un personaggio copiato.
Copiato? Ma copiato da che? Ma come si permette?

Soldini non faccia l’anima innocente. Voi artisti queste cose le potete fare, sono citazioni, omaggi, cameo, a noi spettatori piacciono. Poi le chiamiamo scopiazzature, ma quando lo diciamo siamo contenti, perché così possiamo fare capire che le abbiamo individuate e ci facciamo la figura di quelli che hanno letto due libri.
E la Gerini chi citerebbe?

Strega per amore. Le mancano solo il velo e le babucce alla Aladino. Poi è uguale.
Ma questo lo dice lei.

È vestita identica. E poi appare e scompare. E poi è una moglie che accudisce il marito. È strega per amore, Soldini, avanti, lo dica, ci faccia contenti.
E lo dico: la Gerini è ispirata a Strega per amore. E Battiston a Una banda di idioti. È contento?

Sì.
Ma non le dispiace rovinare la sorpresa agli altri spettatori?

No.
Ma perché?

Gliel’ho detto: perché così tutti si accorgono che io ho capito le citazioni e ci faccio bella figura. Mi interessa solo questo a me, nella vita.
Lei è un poveretto.

Pensi che quando indovino la parola de “L’eredità”, telefono subito a mia nonna, che i miei zii si riuniscono tutti là a vedersela. E gliela dico per primo.
Ma che ci guadagna, oltre a rovinare il gioco agli altri?

Che così loro pensano che io sono intelligente. Perché oltretutto gli telefono solo quando la so. Quando non la so faccio finta che non la sto guardando.
Lei non è un poveretto. Lei è un miserabile.

Sta parlando quello che copia dai libri e dai telefilm.
Senta, io sarò anche un Soldini fittizio, ma non sono disposto lo stesso a farmi insultare da lei.

Sono i blog, bellezza, e tu non ci puoi fare niente.
Ma alla fine il film le è piaciuto?

Un sacco.
E allora perché mi attacca?

Mah, così. Pare faccia figo. ll manuale dell’hipster che c’ha un blog, qua a pagina dodici, dice che quando un film  ha successo, bisogna uscire dal cinema con l’aria un po’ sfavata.
Ma non le sembra una cosa provinciale, una cosa molto italiana, questa, come direbbe Stani?

Sì, molto. Ma io in Italia vivo. E per giunta in provincia. Che ci posso fare?
À la guerre comme à la guerre, insomma.

Che fa? Adesso comincia lei coi suoi, di regionalismi?
Ma è francese, bestia.

Non cambi discorso e soprattutto non cambi lingua. Io ci tengo a uscire dal cinema con l’aria di quello: già visto, già sentito, che filmetto nazional-popolare, le statue che parlano e fanno la solita condanna civile, o mia patria sì bella e perduta, i bei tempi di una volta, e patapìm e patapàm. Se non faccio così poi pensano che sono di gusti facili.
E invece?

E invece sono di gusti facilissimi. Almeno nel senso della leggerezza. Non per farmi bello, ma Calvino, Ariosto, ha presente quel discorso là, no? Quando i film si buttano pesanti io torno a casa e metto subito Rete 4. Per compensare.
Quindi, insomma, il film le è piaciuto però non lo vuole ammettere.

Manco sotto tortura. Io voglio essere come quelli di Orwell, o di Minima et Moralia. Però siccome non ne sono all’altezza, mi limito a darmi qualche aria e dire che la cosa delle statue effettivamente è un po’ fiacca. L’indignazione dei grandi del passato per le miserie del presente, da lei, se devo essere sincero, non me l’aspettavo.
E finalmente l’ha sputato questo rospo.

Il rospo era grossetto. Quasi quanto una cicogna.
Ecco, la cosa della cicogna  però le è piaciuta, vero?

Da morire. Però…
Un altro però?

Però pure là… non crederà che mi sia sfuggita?
Ma cosa?

La citazione.
Ma che citazione?

Soldini, ancora non ha capito? Io sono un professionista del rintracciamento. E poi non si è accorto che quando lei entrava in una libreria io la pedinavo?
Ma di che parla? Ma chi è lei? Uno stalker?

Holden. Devo aggiungere altro?
Caufield?

E certo. Mica Baricco e fichi.
Insomma, a lei non la si fa, eh?

E no. Lei, poi, mi cita pure la frase intera per com’è. Non è che basta cambiare papere con cicogna per fregarmi.
Ma anche quella è voluta. Il ragazzino stralunato, ribelle a modo suo, che fa domande strane… È un film pieno di richiami, di echi.

Infatti a me è piaciuto proprio.
Tranne le statue.

Ma pure quelle avevano una loro grazia. Forse, a vedere il suo film tra un po’, quando tutto questo chiacchericcio, questa indignazione a tanto al chilo sarà passata via, ci staranno bene anche loro. Con quel doppiaggio strepitoso, poi.
E a quel punto lei me ne renderà merito?

A quel punto sarebbe bellissimo intervistarla, sa?
Non l’ha già fatto?

No, lei è una mia proiezione. Io dicevo Soldini quello vero.
Le piacerebbe conoscerlo?

Moltissimo. I suoi, Soldini, sono di quei film che mi lasciano proprio senza fiato, che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che il regista fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. 

Mario Fillioley

Ho tradotto libri dall'inglese in italiano. Poi ho insegnato italiano agli americani. Poi non c'ho capito più niente e mi sono messo a scrivere su un blog con un nome strano: aciribiceci.com