Posticci da visitare

Se vi capita, andatela a vedere questa cosa di Damien Hirst a Venezia, che già non si sa come definirla se “opera” o “mostra”, che l’opera è una mostra, di fatto, e la mostra è un’opera. Io ero diffidente, perché mi pare che il tema vero/falso e realtà/finzione nell’arte sia stato abbondantemente indagato e sfruttato e sfruculiato – a differenza di altri settori dove se ne parla molto di recente -, e qualcosa di nuovo e rivoluzionario oggi forse sarebbe invece sancirne la separazione, se si potesse.

Poi potete fermarvi qui a leggere, e prendere solo il consiglio della prima riga senza sapere niente, che può essere più divertente e spiazzante. Avvisati.

Invece mi sono reso conto sul posto che quel tema e quella costruzione sono solo un accessorio minore di una cosa che in sostanza è una grande fiction multimediale e multipiano (il racconto del fantasioso recupero dei tesori affondati in un relitto antico, e la loro esposizione), in cui quello che non si vede nelle opere non è stavolta un loro preteso significato da farsi spiegare (malgrado una scritta all’ingresso annunci con un calembour che la verità sta da qualche parte tra la verità e la bugia), ma il racconto della loro genesi (esposto attraverso affascinanti video e documentari). La mostra è l’equivalente ribaltato di una docufiction, ovvero un mockumentary: non una fiction che racconta una storia vera, ma un documentario che racconta una storia falsa, format che ha una lunga da storia, dagli Spinal Tap. Ma insomma, tutte queste cose le vedrete da soli, o le leggerete in giro. Alla fine il godimento maggiore è estetico, per l’inventivo luna park di creazioni di Hirst nei contesti veneziani (anche se troverete di certo dei visitatori/personaggi di Woody Allen che accanto a voi commenteranno il genio “dell’operazione”).

La cosa divertente che aggiungo è che se sarete arrivati alla mostra dopo aver commentato per l’ennesima volta increduli la meraviglia meravigliosa di Venezia e il suo apparire oggi come il più formidabile parco a tema (a tema Venezia) del mondo, ne uscirete mantenendo per diverse ore l’impressione che tutto quello che vedete intorno a voi possa essere in realtà un’opera di Hirst, collocata posticcia dentro una storia che non è mai esistita, dai ruderi di mattoni a certe tubature serpentine alla città stessa e la laguna. Fino alle nostre vite, ma mi fermo, che siamo a Matrix: e i luoghi non luoghi, poi.
Vedete, tutto è già stato detto e fatto. L’unica è goderselo.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).